Chi sono gli X-Men? Davvero le loro storie a fumetti sono narrate da ben cinquant’anni? Entrambe queste domande, a prima vista, possono sembrare scontate per un Marvel fan, ma soffermiamoci a pensare per un momento: quando fecero il loro esordio nel 1963, i reietti mutanti del Marvel Universe furono ai margini anche nelle vendite e nella popolarità rispetto ai loro “compagni” Uomo Ragno e Fantastici Quattro. Inoltre, dalla loro nascita a oggi gli X-Men hanno avuto tante e tali incarnazioni da mettere in crisi più di un lettore che ha provato ad avvicinarsi alle loro pubblicazioni e a districarsi tra le loro molteplici evoluzioni.
Alla luce di tali riflessioni le due domande in apertura non hanno una risposta così certa e univoca, la prima soprattutto, e forse un approfondimento dello sviluppo narrativo e editoriale della storia mutante potrebbe essere d’aiuto, ai lettori navigati quanto ai neofiti dell’X-Universe.
Dunque “chi sono gli X-Men, mi chiedete? Un gruppo di supereroi mutanti, riuniti dal professor Charles Xavier per il duplice scopo di cercare altri come loro e aiutarli a imparare a utilizzare le loro abilità per il bene della società. E, inoltre, per proteggere la società stessa dalla minaccia di mutanti malvagi”. Queste sono le parole fatte pronunciare da Chris Claremont a Kitty Pride, una dei più importanti elementi del supergruppo mutante, in “A Day Like Any Other” pubblicata nello “X-Men Special Edition” del febbraio 1983. Definizione migliore non può esserci.
Gli X-Men sono creati nel 1963 da Stan Lee e Jack Kirby, prendendo spunto dall’idea alla base di un supergruppo pubblicato dalla DC Comics nel numero 80 della testata My Greatest Adventure, la Doom Patrol di Bob Haney e Arnold Drake. Protagonisti della serie DC sono tre giovani invisi al mondo a causa dei loro superpoteri, che sono guidati nelle missioni da Niles Caudler, ingegnere paraplegico che si muove in sedia a rotelle.In The X-Men#1, del settembre 1963, s’introduce Charles Xavier, lui stesso mutante telepate e professore filantropo di mezza età su una sedia a rotelle che, nella sua tenuta al numero 1407 di Graymalkin Lane a Salem Center, nella contea di Westchester (stato di New York), sede di una scuola per giovani dotati, accoglie cinque adolescenti: Jean Grey, Scott Summers, Henry Philip “Hank” McCoy, Robert “Bobby” Drake e Warren Worthington III. Questi ragazzi sono speciali poiché il loro codice genetico è dotato di un gene “x”, mancante nella maggior parte degli esseri umani, che fornisce loro straordinari poteri mutanti. Da qui la “X” del nome del gruppo, a indicare il potere “extra” (“x” in inglese si pronuncia “ex”) che i mutanti possiedono, oltre ad alludere al fatto che tali mutazioni sono il risultato di un’esposizione alle radiazioni, tipica causa di acquisizione della maggior parte dei superpoteri nei fumetti degli anni 60. Lettera “X” che nel corso degli anni ha assunto anche altri significati, uno su tutti, l’omaggio a Charles Xavier nella saga ucronica “L’Era di Apocalisse” degli anni 90.
Lee e Kirby se da una parte fanno in sostanza una copia-carbone del Prof. Niles per il loro Charles Xavier, dall’altra apportano due modifiche rispetto alla controparte DC che, negli anni, si riveleranno vincenti per i mutanti di casa Marvel: compongono il gruppo con adolescenti, abbassando l’età media rispetto ai protagonisti della Doom Patrol e, soprattutto, cambiano l’origine dei poteri dei protagonisti. Ad abilità derivate da incidenti di varia natura, sostituiscono l’idea del potere collegato all’anomalia genetica. Combinata con questa scelta c’è l’idea del parallelismo tra adolescenza e mutazione: giovani che vedono il loro corpo e la loro mente trasformarsi in modi che non capiscono e che talvolta non accettano perché il mondo e la società dove vivono non li accetta.
Gli Anni 60: prima genesi e declino
Nei primi numeri della testata The X-Men (che in origine avrebbe dovuto chiamarsi i Mutanti) oltre ai cinque membri della squadra originaria (Marvel Girl, Ciclope, Bestia, Uomo Ghiaccio e Angelo) è introdotto il loro arcinemico per antonomasia, Magneto e il suo gruppo, la Confraternita dei Mutanti Malvagi, composta da Mastermind, Toad, Quicksilver e Scarlet Witch, questi ultimi due figli dello stesso Magneto.
Ai cinque membri originali degli X-Men si aggiunge, nel numero 27 della serie, il Mimo (Calvin Rankin) che tuttavia lascerà il gruppo dopo solo due numeri a causa della perdita dei propri poteri.
I temi affrontati in queste storie iniziali sono, oltre al classico bene vs male, il pregiudizio, la discriminazione, l’odio razziale e la paura della diversità. Vittime di tali sentimenti sono sia i protagonisti positivi, gli X-Men, che le loro controparti malvagie a cominciare da Magneto che più tardi si scoprirà essere di origine ebrea e avere trascorso l’infanzia nei campi di concentramento nazisti dove ha visto morire i suoi genitori. Anche i suoi figli Quicksilver e Scarlet Witch, Pietro e Wanda Maximoff, entrambi cresciuti come zingari gitani, sono oggetto di detti pregiudizi e discriminazioni.
In questi primi anni il titolo non riesce a vendere come altri albi della Marvel (Fantastic Four e Amazing Spider-Man su tutti) e nel 1966, Lee & Kirby lasciano la testata, il primo con il numero 19 mentre King Jack aveva lasciato già due numeri prima. Dal numero 20 troviamo ai testi Roy Thomas e ai disegni Werner Roth che portano avanti insieme la testata per quindici albi consecutivi, quando Roth lascia ed è sostituito da Ross Andru. Durante questa run è da mettere in evidenza l’esordio del mutante irlandese Sean Cassidy, a.k.a. Banshee, nel numero 28. Dal numero 38 The X-Men cambia formula e presenta due storie per ogni numero, entrambe sceneggiate sempre da Thomas e almeno una delle due disegnata da Roth. Questa impostazione dura fino al numero 42 del marzo 1968 poiché l’albo successivo, ultimo con Thomas ai testi, ritorna eccezionalmente alla formula della singola storia. A questo punto le storie sono affidati a Gary Friedrich e Arnold Drake mentre ai disegni si alternano Don Heck, George Tuska, il solito Roth e Jim Steranko.
Nel numero 55 dell’aprile 1969 torna ai testi Roy Thomas, raggiunto ai disegni, nel numero successivo, da Neal Adams. Dal numero 58 si torna nuovamente alla singola storia per albo e la presenza di un team regolare di autori, Thomas e Adams, donano alla testata un leggero aumento delle vendite grazie allo svecchiamento delle storie e alla presenza regolare di due nuovi protagonisti introdotti nei numeri precedenti: il fratello di Scott Summers, Alex a.k.a. Havok, creato da Thomas, e Lorna Dane (che in seguito assumerà il nome di battaglia di Polaris), creata da Drake e, graficamente, da Steranko. Tuttavia la Marvel ha già preso la propria decisione sul destino della testata e il numero 66 è l’ultimo che contiene storie inedite poiché dal successivo e ininterrottamente per cinque anni fino al numero 93 dell’aprile 1974 X-Men conterrà ristampe delle vecchie storie.
Gli Anni 70: seconda genesi
Nonostante le ristampe, le vendite della testata non scendono mai sotto la soglia minima oltre la quale per la Marvel scatta la chiusura e, inoltre, i vari eroi mutanti continuano ad apparire frequentemente in altre testate come Amazing Spider-Man e Avengers. Così nel 1975 ai piani alti della Casa delle Idee decidono di dare un’altra possibilità agli X-Men e nel mese di maggio viene dato alle stampe Giant Size X-Men#1 con Len Wein ai testi e Dave Cockrum alle matite. I due autori introducono un nuovo gruppo di Uomini X, molto diverso dall’originale in quanto formato completamente da adulti provenienti da varie parti della Terra, tutti con un bagaglio culturale e filosofico differente e, soprattutto, tutti già addestrati all’uso dei propri poteri mutanti. La storia contenuta nello speciale, divisa in quattro capitoli, presenta il Prof. Xavier che, per salvare il team originale prigioniero sull’isola vivente di Krakoa, gira il mondo per reclutare un nuovo gruppo. Alla fine dell’avventura del team originale resta soltanto Ciclope e la nuova squadra X sarà composta da Colosso (Piotr Nikolaievitch Rasputin), proveniente dall’Unione Sovietica, Nightcrawler (Kurt Wagner), tedesco occidentale, Tempesta (Ororo Munroe), keniana e Thunderbird (John Proudstar), nativo americano della nazione Apache. A questi personaggi, tutti qui alla prima apparizione, si affiancano poi Banshee, il giapponese Shiro Yoshida, a.k.a Sunfire (che aveva fatto il suo esordio in X-Men#64) e soprattutto il canadese Wolverine che aveva fatto la sua prima apparizione su The Incredible Hulk#180 nel 1974.
Quest’albo speciale ha talmente successo che la Marvel, mentre in un primo momento pareva intenzionata a proseguire con un secondo numero di Giant Size X-Men, decide invece di rilanciare la testata The X-Men con storie inedite, mettendo in cabina di regina un giovane autore di origine britannica (anche se cresciuto negli USA) che si sta distinguendo sulla collana dedicata al personaggio di Iron Fist: Chris Claremont. La scelta di un autore semiesordiente è spinta anche dalla considerazione di non “bruciare” la carriera di qualche sceneggiatore più famoso, nel caso questa nuova incarnazione della serie mutante segua il trend negativo della precedente.
Ai disegni, dal numero 94 dell’agosto 1975 fino al numero 107 dell’ottobre 1977 troviamo Dave Cockrum che lascia il testimone dal numero successivo a John Byrne che già aveva lavorato in coppia con Claremont su Iron Fist e che diverrà anche co-autore di molte storie, creando un fruttuoso e dinamico sodalizio che durerà fino al marzo 1981 e al numero 143 della testata.
Claremont parte subito con il botto e già nel secondo numero della sua gestione, il 95, fa morire uno dei nuovi elementi degli X-Men: Thunderbird (sebbene la sua morte fosse già stata comunque pianificata da Len Wein, autore dei soggetti dei numeri 94 e 95). Da quel momento in poi per l’autore è un continuo crescendo di storie e saghe che vedono il ritorno in scena delle Sentinelle, l’emergere della Fenice (#101), l’introduzione degli Starjammers (#107) e di Alpha Flight (#120) e la saga di Proteus (#125-128), oltre all’introduzione di personaggi comprimari come Amanda Sefton (#98), l’Uomo Multiplo, Mystica e Moira MacTaggert (#96). Claremont tratta i suoi personaggi come veri esseri umani, ne approfondisce la psiche, le motivazioni, i comportamenti, siano essi quelli dei supereroi che quelli delle loro controparti malvagie in una linea di demarcazione che nelle storie diviene sempre più sottile e di difficile individuazione. All’azione vera e propria nelle pagine di X-Men si sostituisce una sorta di soap-opera mutante con trame e sottotrame che si sviluppano e s’intrecciano anche per decine di numeri prima di arrivare a una risoluzione.
Fine Prima Parte
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