L’ultimo albo si nasconde dietro una copertina dalla struttura e dal disegno elementare: su uno sfondo nero schizzi di sangue raggiungono l’elmo di Leonida. È il preludio alla fine. Come già segnalato ci troviamo di fronte ad un autore che, in passato, per veicolare il suo messaggio non si è fatto specie, nello sviluppo della trama, di far morire il proprio eroe. Qui il sacrificio è addirittura di 300 eroi, 300 soldati di Sparta. Il secondo giorno inizia e finisce come il primo: la leggera legione spartana ricaccia indietro i pesanti soldati persiani, il Passo delle Termopili è ancora inviolato e diventa passaggio obbligato, ma insuperabile, per le truppe di Serse. Efialte nel frattempo è a colloquio questi, e il tradimento si compie: il deforme reietto spartano giura fedeltà al Re di Persia, mentre due splendide ancelle ancora danzano attorno a lui con movenze in chiaroscuro, già famose per aver dipinto Nancy, una delle affascinanti donne di Sin City. Serse apprezza le informazioni di Efialte, capisce che così può prendere i Greci alle spalle e concede al traditore quella dignità di uomo (…voglio un uniforme, chiede Efialte, Fatto, risponde Serse) anche se sottomesso al Re (…voglio solo che ti inginocchi). Nella storia tramandataci, il terzo giorno un greco tradì veramente gli alleati, indicando ad Idarne dove far passare i suoi Immortali per poter attaccare i greci da due lati.
La notizia che qualcuno ha tradito arriva all’accampamento spartano, e sono gli ultimi dialoghi che leggiamo. C’é da prendere una decisione e Leonida non sembra per nulla intimorito dagli eventi: è certo, il re spartano, di andare incontro ad una morte sicura, ma vuole fare in modo che questa serva a qualcosa. Non può mostrare segni di cedimento davanti ai suoi uomini che l’hanno seguito in cento battaglie, che hanno visto morire i propri fratelli ed i propri padri al loro fianco. La legge di Sparta impedisce ai soldati di ritirarsi: basterebbe questo a far decidere Leonida, ma le cose vanno diversamente. In due pagine fitte di pathos Leonida manda indietro il messaggero dell’Arcadia, dicendogli di far ritirare tutti gli altri eserciti: questo permetterà loro di organizzare meglio la difesa delle città una volta che Serse avrà passato le Termopili. Sparta, grazie ai suoi 300 valorosi soldati
accenderà un fuoco che brucerà nei cuori degli uomini liberi nei secoli a venire.
Sparta sarà il baluardo che rallenterà gli Immortali, non perché la sua Legge impone ai 300 di non ritirarsi, ma poiché così decide Leonida. Nella realtà storica, come nell’albo di Miller, il sacrificio degli Spartani coprì la ritirata degli altri greci e permise la preparazione della battaglia navale di Salamina.
Prima che la battaglia finale abbia inizio c’é tempo per altre due piccole divagazioni. Leonida sente il bisogno di chiamare in disparte Dilios, che durante la storia più volte aveva deliziato i suoi compagni durante le notti negli accampamenti con i suoi racconti epici. Nell’ultimo aveva narrato la vittoria delle città greche contro l’esercito persiano di Dario, padre di Serse; laddove perfino gli “smidollati” Ateniesi (episodio di Maratona) erano riusciti a vincere i Persiani, come avrebbero potuto perdere gli Spartani? Dilios viene incaricato da Leonida di riportare una scitala, un messaggio cifrato, a Sparta. Leonida gli salva la vita perché vuole che la storia dei 300 sia raccontata dalla sua voce al mondo intero: era questa una promessa che aveva fatto a Serse, quella di non morire invano. Questo espediente ci permette di conoscere la storia attraverso la voce narrante di Dilios, ed è lo stesso espediente utilizzato da Manfredi per far tornare a Sparta i suoi personaggi nel romanzo citato nelle precedenti puntate. Nei racconti di Plutarco, Leonida, sapendo che non avrebbero accettato comunque un trattamento di favore, diede una scitala a ciascuno dei più giovani e li mando’ dagli Efori, volendoli salvare. Avrebbe voluto risparmiare la vita anche a tre anziani: questi capirono le sue intenzioni e non vollero prendere le scitale: il primo disse che era lì per combattere, non per portare messaggi, il secondo osservo’ che sarebbe stato più utile rimanendo lì, ed il terzo disse che voleva essere il primo a entrare in battaglia, e non l’ultimo.
Sempre per bocca di Plutarco, Leonida, in preparazione dell’ultimo scontro con i Persiani, ordino’ ai suoi soldati di fare colazione, avvertendoli che avrebbero cenato nell’Ade. E mentre gli alleati lasciano il campo di battaglia, le stesse parole escono dalla bocca del Leonida tratteggiato da Frank Miller, nell’ultimo momento di tranquillità prima della fine, sotto un cielo impolverato dai colori sbiaditi di Lynn Varley. Una doppia pagina praticamente vuota è la pausa che Miller si concede nella narrazione, il respiro che dobbiamo prendere prima di affrontare la battaglia finale. Dalla roccia sulla sinistra si affacciano, nei loro laceri mantelli rossi, gli Spartani, ultimi ostacoli all’avanzata della Persia nella penisola greca. Sentiamo, grazie alla colorazione, incombere la paura sotto il sole che muore. Il terzo giorno Efialte indica agli Immortali il passaggio per prendere i 300 alle spalle. I Tespiesi, rimasti al passo, sono baragliati. Attraverso le fessure dell’elmo di Leonida, a capo della sua falange stretta in posizione difensiva, vediamo arcieri persiani e Immortali a sbarrare la strada di fronte ed alle spalle dei 300.
Siamo all’epilogo. Viene concessa a Leonida ed agli Spartani una resa che a Serse sembrerebbe onorevole (300 contro migliaia), ma che è inconcepibile per gli Spartani. Leonida non ha paura: in una doppia vignetta ricorda il suo scontro con il lupo da bambino e capisce di essere pronto a morire. Esce dal gruppo compatto dei 300 e si inchina davanti a Idarne. Nel momento in cui questo accade una lancia trafigge Idarne. Leonida non si inginocchierà mai davanti a nessuno, ma morirà combattendo. Il grido che esce dalla bocca del re nella pagina successiva, mentre centinaia di frecce gli vanno incontro è Serse, muori!
Il suo bersaglio è il Re dei Re. Plutarco ci ha raccontato che Agesilao (un re spartano) affermava che solo gli uomini intelligenti hanno coraggio e possono essere di aiuto per la vittoria, perciò nella battaglia di Mantinea chiese di attaccare solo Epaminonda. Stesso atteggiamento ritroviamo nel Leonida di Miller: la testa di Serse vale la vittoria per Leonida. La sua lancia pero’ si staglia sullo sfondo di un cielo chiaro con nuvole dorate, lascia il suo braccio che spunta fra il sangue dei suoi uomini martoriati dalle frecce nemiche, e raggiunge solo sfiorando il volto di Serse. È la fine. Sommerso dai corpi dei suoi uomini morenti in un’aria riempita dalle frecce che cadono trapassando occhi e carne, Leonida dedica i suoi ultimi pensieri alla moglie Gorgo.
Mia regina. Moglie mia. Amore mio. Sii forte. Addio.
Finisce qui, con una panoramica dall’alto di 300 eroi morti, la loro storia. Ma qui inizia anche la leggenda. Per bocca di Dilios, che compare nelle ultime pagine, scopriamo cosa accadde dopo il sacrificio epico degli Spartani e le sorti della battaglia che è seguita.
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.