Tor of 1.000.000 years ago

La cover del primo volume di ristampe di TorTor è un personaggio del mondo fumettistico statunitense che non si può definire né originale né di gigantesco successo di pubblico. Eppure lega il suo nome e la sua storia ad alcune singolari vicende che lo rendono comunque importante, conosciuto e particolare. Nel 1950 Joe Kubert presta servizio per la Patria americana, venendo inviato in Germania, ad Amburgo. Durante il viaggio transatlantico per raggiungere la vecchia Europa, oltre ad attività più prettamente militari, si dedica alla realizzazione di un giornale di bordo. Ma il tempo libero è ancora abbastanza da permettergli di gettare le basi per il suo personaggio Tor, o, come lo definisce lui stesso, il suo “Tarzan dell’era preistorica”. Fin da piccolo, infatti, aveva letto con piacere ed attenzione le strisce dl personaggio di E.R. Burroughs sui quotidiani e aveva immaginato di scriverne e disegnarne una sua versione personale.

Nel 1952, di ritorno dal servizio militare, Joe Kubert riprende a lavorare nel campo fumettistico con continuità ed inizia ad accarezzare l’idea di pubblicarsi da solo i suoi fumetti. Nel campo ha ormai una vasta conoscenza sia delle tecniche (di disegno, di narrazione ma anche di stampa e distribuzione) che delle persone che hanno voglia di investire e pubblicare sue storie. Dall’Europa porta, oltre all’idea abbozzata del personaggio Tor, anche una novità: su una rivista ha visto alcune immagini stampate per la visione in 3d. Ora, alzi la mano chi non ha comprato da piccolo un qualsiasi albo 3d con disegni a prima vista fuori fuoco con tanto di occhialini con lenti colorate (una rossa ed una blu) che, una volta indossate, davano l’idea della tridimensionalità a quelle tavole prima impossibili da leggere. Oppure chi non ricorda i film 3d, con la distribuzione (Lo Squalo 3, ad esempio), all’entrata del cinema, degli occhialini a due colori? Beh, in America, negli anni ’50, non si era visto ancora nulla di tutto questo e Kubert convinse l’editore St. John a pubblicare alcuni fumetti con questa nuova tecnica in 3d ed anche il suo nuovo personaggio, Tor appunto.
Le parole di Kubert al co-autore delle storie, nonché suo amico e collega, Norman Maurer: “Gee, it would be great if we could do a comic book that included the glasses so that the characters could ‘jump off’ the page” (“Gesù, sarebbe eccezionale se potessimo realizzare un fumetto includendo gli occhiali così che i personaggi possano saltare fuori dalla pagina”). La serie, in principio, ha un successo incredibile; l’idea sfonda e crea un’aspettativa enorme. Gli editori (compreso St. John) si buttano a pesce sulla novità creando, immediatamente, prima l’invasione delle edicole di albi 3d e poi, subito dopo, la repentina morte del fenomeno per “overdose”. Quindi, ricapitolando, Tor conserva un posticino nella storia del fumetto statunitense perché è un “tarzanide” di successo (il primo numero vendette, al costo di 25 cent contro i 10 cent di un normale fumetto, più di un milione e duecentomila copie), perché la sua realizzazione spianerà a Joe Kubert in futuro la strada per realizzare il vero Tarzan e perché è uno dei primi albi in 3d in Usa.
separatorearticolo Tor è un “cavernicolo” di un milione di anni fa; potremmo considerarlo come l’alter ego del giovane studente Danny, che “sogna” o “ricorda” (non ce è dato sapere in che modo è correlato a Tor) le avventure del nostro uomo primitivo nella difficile lotta per la sopravvivenza fra dinosauri ed altre incredibili belve sicuramente carnivore. Nelle storie fa capolino Kubert stesso, che spesso, autoritratto, introduce i racconti di Danny in un timido tentativo di meta-fumetto ormai così di voga ai nostri giorni. Il tarzanide kubertiano ha qualche peculiare caratteristica: è un albo a colori molto vivaci; è disegnato in totale libertà di gabbia di vignette (che spaziano in numero indefinito dalle 4 alle 10) senza disdegnare splash page anche su due pagine; ha un tratto non dettagliato ma poco tratteggiato, al fine di non creare problemi nella visione 3d; permette all’autore di liberare la sua vena cinetica che sarà biglietto da visita e marchio di fabbrica del suo successivo approdo alle tavole del “vero” Tarzan.

I primi due volumi della DC Comics (sotto l’etichetta The Joe Kubert Library) ristampano le storie dei primi numeri della Casa Editrice St. John Publishing (furono, alla fine, editi solo i primi 5), arricchendo il tutto con prefazioni degli autori e di Roy Thomas ma, soprattutto, con una parte finale piena di raccolte di schizzi, studi preparatori, copie di sceneggiature, provini per strisce, provini e storyboard per cartoni animati di Tor. Una massa di materiale che serve a capire che quantità di lavoro era stata fatta per la realizzazione delle storie e del personaggio da Joe Kubert, con alcune vere e proprie chicche come sei tavole a matita mai pubblicate di una storia muta (tipico esercizio di stile che solo i più grandi fumettisti si sono potuto permettere) oppure un divertissement come un Tor/Spirit disegnato per festeggiare i 50 anni del personaggio dell’amico e collega Will Eisner. Il terzo volume della DC invece ristampa il materiale successivo a quei primi momenti pionieristici del 3d, realizzato un paio di decenni dopo sempre da Joe Kubert.

Un'altra immagine di TorRiferimenti
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