Progetto Becco Giallo
La linea editoriale della Becco Giallo è stata tanto innovativa e chiara quanto discussa. Affidandosi spesso ad autori alle primissime esperienze da professionisti, l’editore patavino indirizza le sue pubblicazioni verso casi di cronaca (o “cronaca storica” quando si tratta magari di eventi più distanti nel tempo) che hanno coinvolto emotivamente l’opinione pubblica italiana. Parliamo di omicidi irrisolti, i cosiddetti “misteri italiani”, oppure una delle tantissime stragi che hanno bagnato di sangue i selciati di tante città italiane.
Le critiche hanno spesso riguardato la qualità delle opere e l’opportunità di occuparsi di determinati argomenti (e solo di quelli) magari dando l’impressione di voler speculare su eventi luttuosi. La questione qualità potrebbe e dovrebbe essere discussa caso per caso; è indubbio che, anche solo quella “grafica”, in alcuni volumi non è propriamente eccelsa (per essere buoni, ma sicuramente generici); ci siamo spesso occupati dei volumi dell’editore patavino e non sono mancate critiche o appunti in questo senso.
Il discorso “opportunità” è forse ancora più semplice; gli instant movie (o book, o TV movie) che vengono messi sul mercato della comunicazione a brevissima distanza dalle tragedie avvenute sono ormai all’ordine del giorno. È da finte educande scandalizzarsi o accusare la Becco Giallo di “approfittare” di tali tragedie (neanche fossero fonti di chissà quali guadagni miliardari…). Come linea editoriale sarà vincente o perdente (lo decide il mercato), ma è sicuramente legittima; e non è il raccontare una storia realmente avvenuta a rendere un fumetto morboso (o di successo). Ci si potrebbe chiedere se le critiche sull’opportunità non siano figlie di una qual certa invidia per il notevolissimo battage mediatico che i volumi made in Becco Giallo raccolgono. Ultimi riscontri positivi in tal senso sono la serializzazione di alcuni volumi su l’Unità e la presentazione, come nel caso del volume Thyssenkrupp, di alcune tavole ed presentazione sempre su l’Unità. In generale, in ogni caso, i quotidiani a tiratura nazionale segnalano praticamente sempre le uscite della Becco Giallo mentre sono spesso del tutto indifferenti nei confronti di tutte le altre pubblicazioni a fumetti [1]. Se l’esposizione mediatica della Becco Giallo servisse solo a far capire a qualche persona in più che i fumetti sono veicolo di molteplici messaggi e storie quasi mai banali e spesso molto interessanti l’opera di questo editore sarebbe già di per sé meritoria. Va da sé, e qui chiudiamo il lungo cappello introduttivo, che le ultime uscite (che saranno in buona parte recensite da Lospaziobianco) stanno mostrando, a parziale risposta al primo gruppo di critiche, anche un discreto salto in avanti per quel che riguarda la media della qualità sia dei testi che dei disegni e, infine, anche per stampa e qualità editoriale.
ThyssenKrupp, Morti Speciali S.p.A.
Non fa eccezione ed è pienamente nel solco della “tradizione” Becco Giallo il volume Thyssenkrupp – Morti Speciali Spa, uscito nel settembre 2009 e disegnato da Manuel De Carli su testi di Alessandro Di Virgilio, alla seconda prova per l’editore patavino dopo il volume La Grande Guerra. Fra i molti esempi utilizzati dalla stampa di opposizione per spiegare i danni che la (tentata) legge Gasparri sul processo breve [2] potrebbe causare è stato spesso menzionato il riflesso che potrebbe avere sul processo Thyssenkupp. Forse a proposito, forse no, ma sicuramente al fine di sottolineare che una legge come quella proposta avrebbe reso quasi sicuramente nulli i processi nei confronti dei presunti responsabili delle morti sul lavoro, le cosiddette morti bianche. In questi casi il processo, quello dell’individuazione dei colpevoli, pare quasi di impossibile soluzione, dovendo passare attraverso un ingarbugliato percorso di attribuzione di responsabilità nei meandri delle individuazioni delle responsabilità nei regolamenti di sicurezza.
Il volume Thyssenkrupp: Morti Speciali Spa, a processo ancora in corso, affronta la recente vicenda del rogo nella fabbrica di Torino nel quale persero la vita 7 operai. La tesi dell’accusa, nel processo ancora in corso di svolgimento, è che tutto ciò avvenne a causa del lassismo, della voluta disattenzione degli obblighi di legge in termini di sicurezza e di leggerezze varie dovute alla imminente chiusura della sede di Torino; imputati l’amministratore delegato (con ipotesi di reato di omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso) e altri cinque dirigenti per omicidio colposo ed incendio doloso.
La prova dello scrittore partenopeo mostra un netto salto di qualità, tanto per continuare il discorso già prima accennato, rispetto alla sua prima con la Becco Giallo. Una scrittura più sicura e farcita da due/tre scelte di sceneggiatura che la rendono per nulla banale, senza peraltro ricercare l’effetto a tutti i costi, dimostrando una buona conoscenza della grammatica del fumetto e delle molte possibilità che la stessa offre. Sarà per una maggiore conoscenza delle vicende, sarà per una maggiore vicinanza con gli eventi e con gli ambienti in cui si muovono i personaggi (i semplici operai della nostra società attuale) che Di Virgilio, molto di più che in La Grande Guerra convince in più punti e catalizza ripetutamente l’attenzione del lettore spezzando il racconto in parti molto piccole. Una scelta, questa, che lascia, alla fine del volume, la sensazione di aver visto un documentario alla Michael Moore, in cui talvolta può succedere (e questa è una delle scelte di cui si parlava prima) che il video (il disegno di De Carli) racconti una storia mentre l’audio (i testi in didascalia) stiano seguendo un altro racconto. Le sei tavole finali vogliono far commuovere e ci riescono; senza che questo suoni come un basso trucchetto, Di Virgilio sincronizza l’audio della telefonata dell’operaio al 113 con il video del rientro alla quotidiana normalità (se da adesso in poi potrà definirsi tale) di una bimba, una degli orfani dell’incendio alla fabbrica di Torino.
La struttura del volume, come visto abbastanza articolata, si sviluppa in otto capitoli; ognuno ha una sua “contro copertina” interna. I sei capitoli del racconto (il primo e l’ultimo costituiscono, come dice l’autore, una licenza letteraria, trattandosi delle uniche vicende di fantasia in un contesto reale) sono chiusi da una delle trovate narrative: nel bianco della pagina, camminando su linee immaginarie che delimitano vignette che non si vedono, si muove un personaggio dal fare “precisino” che parla direttamente al lettore, facendo funzione di coro greco. Nella drammaturgia greca, infatti, il coro rappresentava la collettività e, intervallando l’opera, la commentava o la sunteggiava. Il “corifeo” in questione è un personaggio a metà fra un professore di educazione tecnica, uno stewart di un aereo e Lucrezia, Caliendo e Scintillone, le tre “rappresentazioni della psiche” di Napoleone, personaggio Bonelli di Carlo Ambrosini. Servendosi di una bacchetta, di lavagne, ma anche di libri, statistiche, interviste a persone direttamente coinvolte, fa quello che di solito viene fatto nella parte redazionale degli albi Becco Giallo, ovvero semplicemente informa. In un modo, pero’, che intriga e convince perché realizzato con ottima scelta di tempo/battute e giocato in due tavole rapidissime, che arrivano subito al punto. Che è, ovviamente, la sottovalutata questione delle morti bianche e il rischio enorme al quale sono esposti quotidianamente milioni di lavoratori.
Anche in questo caso la narrazione (laddove si è vincolati ad una storia realmente accaduta) rappresenta un problema non da poco per lo scrittore che deve rifarsi a vicende reali e deve trovare un modo che attiri senza poter stravolgere il tutto con colpi di scena (se non sono avvenuti nella realtà). Discorso diverso per il disegnatore, che in queste circostanze si trova con molto materiale iconografico fra le mani e può rifarsi con sicurezza a immagini che spesso sono già nella memoria collettiva dei lettori.
Manuel De Carli è un giovane disegnatore classico, dall’inchiostratura che ci riporta indietro di una trentina d’anni. E questo non suoni come un rimprovero. Il suo tratto è pesante perché è ripassato e non filiforme e spesso si dirada negli sfondi per essere poi ancora più doppio in primo piano.
I tratteggi sono usati solo negli sfondi a fare da “texture” a pareti, porte, insomma a tutto ciò che fa scenografia; mai per creare movimento nei vestiti o nei lineamenti, solo e sempre come mezzo per indicare un differente “materiale” (in questo, anche nei vestiti). Gli si può imputare facilmente una indubbia legnosità nella rappresentazione dei volti; troppo spesso troppo simili fra loro, quasi come se l’autore volesse marchiare con il proprio tratto tutte le persone, rendendole “a la” De Carli. Eppure, nonostante questo, i pochissimi tratti che spende per dipingere gli occhi e le sopracciglia (soprattutto per il personaggio del “coro”, spesso piccolissimo nella pagina) sono decisamente efficaci, rendendo i sentimenti dei personaggi (rassegnazione, stupore, disperazione) semplicemente trasparenti.
Non mancano i punti in cui convince appieno; sicuramente il suo omino del coro, che agita la bacchetta alla lavagna in maniera rapida e decisa, attira l’attenzione e la curiosità di chi legge perché recita perfettamente nei movimenti le battute che Di Virgilio gli fa dire. Altro piccolissimo punto “fantastico” (nel senso di “fantasia”) in una storia che ha molto di “tragico”, è la parte iniziale dove viene rappresentato l’incendio in maniera onirica, con tanto di cavaliere in armatura che cerca di arginarlo. Chi ha avuto la possibilità di leggere ed apprezzare “Intimo Cucito” [3], una delle opere (complete, dove era autore anche dei testi) precedenti di Manuel De Carli, non faticherà a ritrovare lo stesso simbolismo (cavaliere, drago, spada, tenzone…) nella parte finale dove la realtà si mescola alla fantasia.
Il reportage che vede alla regia Di Virgilio, insomma, avvince e si fa leggere con piacere, in scioltezza e senza eccessivi intoppi. Lascia, nel lettore, la risposta decisa all’interrogativo nell’occhiello di questo pezzo: sì, servono ancora fumetti come questo. Ispirati da tragedie che ancora scuotono i petti dei familiari degli operai morti, ma scritti e disegnati con la partecipazione, l’ispirazione ed il rispetto che si deve quando si vuole trasmettere un sentimento ed una storia.
Note:
[1] A parte gli eventi puramente mediatici come interventi “pseudo” epocali su supereroi statunitensi oppure partecipazioni di guest star nelle storie di Topolino
[2] Estinzione dei processi di primo grado se entro 2 anni dal rinvio a giudizio non si è giunti a sentenza
[3] volumetto pubblicato dal benemerito CFAP:
ThyssenKrupp, Morti Speciali S.p.A.
di Alessandro Di Virgilio e Manuel De Carli
Becco Giallo, 2009 – 112 pagg. bross. b/n – 13,00euro
Riferimenti:
Il blog di Alessandro Di Virgilio: www.manueldecarli.it
Il libro sul sito della casa editrice: www.beccogiallo.it/?pagina=pagina_generica.php&id=156
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