Ciao e benvenuto sulle nostre pagine virtuali. Iniziamo a parlare un po’ di te; sappiamo che hai iniziato lavorando nel mondo della pubblicità per poi passare al fumetto. Ci accenneresti i primi contatti da semplice lettore al mondo del fumetto?
Ho avuto una formazione “ibrida”, sia come lettore che come disegnatore; seguivo sia i comics americani che il fumetto europeo, che in Italia veniva pubblicato da antologiche come Pilot, Totem o Alter Alter… ero un lettore vorace, e lo sono ancora, ma con meno tempo a disposizione.
Ci indicheresti i primi personaggi e autori che hanno segnato la tua infanzia di lettore?
Hugo Pratt prima di tutti, sia in senso cronologico (ho praticamente imparato a leggere seguendo la Ballata del Mare Salato, quando venne pubblicata a puntate sul Corriere dei piccoli). Segue John Buscema, per l’epicità e il dinamismo del segno, Eduardo Risso per l’accuratezza e la capacità di sintesi con cui disegna qualsiasi cosa, e Andrea Pazienza, perchè la pazienza ha un limite, Pazienza no.
Quando hai poi iniziato a pensare di lavorare nel campo fumettistico, che stili e riferimenti grafici apprezzavi maggiormente (magari anche in visione di uno sbocco lavorativo)?
I comics americani, per la spettacolarità, il disegno dinamico, esplosivo…. in passato, lavorando in Italia e in Francia, il mio stile è stato definito troppo americano, nel caratterizzare i personaggi e nelle scene d’azione… ora, in America, il mio stile viene definito europeo, ma questo non è affatto un problema, anzi!
In Italia generalmente il fumetto è inteso come bianco e nero; hai lavorato per la Sergio Bonelli, appunto, su Legs Weaver. Successivamente per la Francia a colori. Ci parleresti delle differenze per un disegnatore (che non colora le sue tavole) nel realizzare fumetti in b/n rispetto a fumetti che sa verranno colorati?
Il cambiamento consiste nel pensare la tavola a colori, ovvero nel delegare al colorista la resa di vari elementi, che poi contribuiranno all’ atmosfera… in un certo senso, si tratta di capire dove lasciare generosi spazi bianchi in cui il colorista possa sbizzarrirsi.
I tuoi volumi della Francia sono stati professionalmente un punto di svolta nella tua vita; ti hanno tremato i polsi o l’hai affrontato con piena consapevolezza di saperlo fare?
Ho affrontato l’esperienza Francese con grande entusiasmo e senza la minima preoccupazione, anzi: confesso che, quando ho iniziato a disegnare Gaijin, ho un pò faticato ad adattarmi all’ impostazione della tavola alla francese, che può arrivare a racchiudere dalle nove alle dodici vignette: per fortuna Luca Blengino e Luca Erbetta, gli autori della storia, mi hanno catechizzato a dovere!
Che differenze hai trovato fra le sceneggiature (se ne hai trovate) sulle quali avevi lavorato in Italia e quelle ricevute dalla Francia?
A parte le differenze “tecniche” di cui abbiamo già parlato, ho sempre avuto la fortuna di lavorare in un clima di grande affiatamento.
Il progetto (una storia contemporanea di intrighi internazionali) è nelle tue corde anche come lettore?
Assolutamente sì, io adoro il noir, o crime story che dir si voglia…. per giunta Gaijin partiva da un’idea veramente brillante, quella di un detective che lavora esclusivamente per la yakuza, la mafia giapponese.
Passiamo al debutto in Usa sulla serie Adventure Comics; quale era stato il risultato professionalmente parlando dell’esperienza precedente per la Delcourt e come è nata la collaborazione con la casa editrice di Superman?
Ho conosciuto Matt Idelson, editor in chief di Superman, alla Fiera del Comic di Barcellona, un paio di anni fa… ed è stato proprio Gaijin a conquistare Matt, quindi il bilancio dell’esperienza Francese è più che positivo….
La griglia supereroistica (seppur indicata con quantità e progressione delle vignette) è chiaramente libera rispetto a quella bonelliana. Quanto ti piace questa possibilità di variare posizione e dimensioni delle immagini? Quanto libera la tua mano e il tuo occhio?
Enormemente; anche se in America lo storytelling “classico” è stato molto rivalutato negli ultimi anni, poter “pensare” la tavola fuori da ogni griglia è uno spasso; per giunta Jeff Lemire, l’autore dei testi, ha sempre idee geniali su come sfruttare al massimo questa libertà di manovra.
Superboy è una serie regolare nuova di zecca. Hai sulle spalle il numero del debutto. Come è nata questa opportunità e per quanto tempo avrai sulle spalle la responsabilità grafica della testata?
L’opportunità è nata a Barcellona, come dicevo prima, e disegnerò la testata fino al settembre di quest’anno. Mi rendo conto della responsabilità, ma il divertimento supera di gran lunga lo stress;-)
I credits ti indicano come artist; hai inchiostrato le tavole come nella migliore tradizione italiana. Questo ti penalizza per i tempi di lavoro richiesti in Usa?
Niente affatto: sono abituato a lavorare da solo, gestisco meglio i tempi.
A quali autori contemporanei che disegnano “supereroi” ti senti vicino come sensibilità e tratto? Quali sono quelli che apprezzi (indipendentemente dalla vicinanza al tuo tratto) al momento?
Eduardo Risso, Mike Deodato, Gary Frank, Jae Lee, Steve McNiven….. e l’elenco sarebbe enormemente più lungo!!!
Hai altri progetti per il futuro al momento?
Spero di fare altro per la DC Comics, ma per ora sono concentrato esclusivamente su Superboy.
Riferimenti:
Sito ufficiale: www.piergallo.it
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