Con Nico Blunda: di Rostagno e di tutto un po’

Partiamo da te; sei lettore e appassionato di fumetti. E di tante altre cose. Ora sei anche scrittore. Come è successo?
Quello di scrivere è un sogno che covava da un po’… a dire la verità nasco come disegnatore, liceo artistico, Accademia di Belle Arti, vari corsi di specializzazione e la passione per i fumetti. Diversi anni fa, con un amico, creammo pure una rivista contenitore per giovani autori “Segnali di Fumetto”, ebbe vita breve, ma oltre a curarne l’aspetto artistico, ebbi il tempo di firmare un paio di storie brevi e disegnarne anche una copertina. Poi ho smesso di disegnare ma ho proseguito a leggere molto (mentre il sogno covava sotto la cenere di quella esperienza). Due anni fa ho scritto una storia breve per la rivista “Mono”, nel numero “Passione”… e la scintilla si è riaccesa.

E come vivi questa possibilità che hai avuto?
Una volta che il fuoco si è riacceso, penso sia difficile spegnerlo. Lavorando su Rostagno diversi incipit mi hanno colpito e sono nate delle idee per altre cose a cui ho iniziato a lavorare. Non so se sarò un buono scrittore o se sarò solo quello, ma scrivere mi piace, sto vivendo bene questa esperienza e sono già nati dei contatti per altre storie.

Un’ultima domanda ed usciamo da questo tuo amarcord personale… questa esperienza di scrittura quanto lontano ti ha portato dal tipo di fumetti che leggevi quando è nato il “fuoco sacro”, la “passione” per il mezzo?
Non molto lontano. Da piccolo ho iniziato con i classici fumetti Disney, il Giornalino, Il Corriere dei Piccoli … ma anche con Diabolik e Tex (che non ho mai molto amato a dire la verità) che trovavo sparsi per casa, visto che li leggevano in famiglia. Crescendo i bonellidi ho iniziato ad acquistarli io, da Martin Mystere, il mio primo fumetto “adulto”, passando per Dylan Dog, ma soprattutto per Ken Parker e tutto quello che gli anni 80/90 hanno prodotto. Col passar del tempo molte serie le ho perse, perché si erano perse, e qualcuna mi è rimasta per affezione. Non ho mai amato il genere supereroico (che ho letto in quegli stessi anni), non mi piacciono gli eroi, figuriamoci i supereroi. Quando leggi fumetti finisci poi per confrontarti con gli altri che hanno la tua stessa passione e a consigliarti a vicenda le letture. Ai tempi internet non c’era e tutto questo avveniva al liceo, in accademia e poi quando riuscivo a fuggire verso Lucca.
Così ho iniziato a leggere Eisner, Moore, Pratt, i romanzi, gli inglesi, i francesi, i belgi,…i nuovi talenti che mi colpivano, fino ad arrivare a Willingham, Aaron e soprattutto la Satrapi, che adoro.
I libri Becco Giallo iniziai a leggerli con Pasolini, preso quasi per caso a Napoli, mi intrigava e mi incuriosiva un fumetto su un personaggio che amo. Da allora ho letto tanti dei libri di genere e poter lavorare su uno di loro è stato un onore emozionante.

Dallo studio “solitario” e dalla prima stesura al completamento del volume avete lavorato in “solitudine”; in un mese e passa di incontri con il pubblico di presentazione del volume quella solitudine l’hai dimenticata?
In realtà non è stato uno studio in solitudine. Per oltre un anno ci siamo sentiti quasi ogni giorno con Marco e Giuseppe. Confrontandoci, consigliandoci a vicenda, “correggendoci”… poi Marco si è trasferito a Trapani e abbiamo avuto l’occasione di vederci spesso per mettere insieme le tessere del puzzle e per stilare il soggetto e la scaletta da tutti i dati che avevamo raccolto. Il tutto rigorosamente davanti a diverse birre. Solo successivamente ci siamo divisi le varie sequenze, strada facendo e a seconda dei casi. Non ci siamo mai sentiti soli. Certo, da quando abbiamo iniziato le presentazioni l’empatia che si è creata tra noi ha trovato modo di accrescersi ed accrescerci. Siamo molto più che amici e, in modi diversi, stimo vivendo questa esperienza insieme, in giro per l’Italia. Sono emozioni bellissime, e qualsiasi cosa faremo in futuro, insieme o no, è un’esperienza che difficilmente potremo dimenticare.

E cosa hai acquistato?
Come dicevo ho consolidato la forte amicizia con Marco e acquistato un grande amico come Giuseppe. L’affetto dei familiari di Rostagno, l’approvazione dei suoi amici, i complimenti di gente del settore … grandi emozioni. Quelle piccole e grandi cose che riempiono il cuore e la vita. Ma anche alcuni trucchi del mestiere che si acquistano solo facendo le cose e non leggendole sui libri … sono sicuro mi torneranno utili in futuro.

Parliamo del volume appena pubblicato… Un fumetto seriale ha regole, gabbie, storia e storie del personaggio da rispettare. Avete approcciato un fumetto non seriale e teoricamente più libero. Se non fosse che il “soggetto” del vostro libro era già esistente…
A dire la verità un “soggetto” non esisteva proprio, non esiste una biografia completa su Rostagno. Tanti libri, ma nessuno che ne parli nella totalità. I vari scrittori hanno narrato solo alcuni aspetti delle sue tante vite. E per questo ci possiamo vantare di essere la prima opera “completa” in tal senso. Iniziata l’avventura ci siamo resi conto che le tante sfaccettature di Mauro avrebbero avuto bisogno di più spazio di quello che ci eravamo prefissi (difatti abbiamo raddoppiato le pagine) e forse per narrare proprio tutto ci sarebbe voluto un fumetto seriale. La vita di Mauro viaggia attraverso tante vite e tante esperienze: dalla prima facoltà occupata nel ’66, al leader carismatico del ’68, a Lotta Continua, al Macondo, all’India, alla comunità di recupero, fino al Rostagno giornalista, passando per altre sfaccettature. Narrare tralasciando alcune delle sue vite non avrebbe dato l’idea del rivoluzionario dentro la rivoluzione che era. Ogni periodo per lui non era semplicemente consequenziale all’altro, ma proprio in virtù dell’esperienza precedente, Rostagno era in grado, circolarmente, di tornare sui suoi passi e trarne frutto per la fase di vita successiva. Sempre avanti rispetto agli altri rivoluzionari che lo consideravano l’ala “artistica” del movimento, mai incline alla linea.

Non so se sarò un buono scrittore o se sarò solo quello, ma scrivere mi piace, sto vivendo bene questa esperienza e sono già nati dei contatti per altre storie.

Fra scritto audio e video avrete consultato migliaia di frasi di Mauro; ne avete riportate in maniera integrale moltissime nel libro. Più che raccontare voi la storia della sua vita siete stati suo megafono per farci ascoltare le sue idee.
In un certo senso sì. Rostagno è un personaggio che è rimasto nel cuore ai trapanesi onesti e a tutti quelli che lo hanno conosciuto. Lasciare la sua genialità, le sue parole, il suo fare nel dimenticatoio, era un peccato non solo per chi c’era, ma soprattutto per chi non c’era. L’affetto di chi quegli anni li ha vissuti ci ha travolto ed emozionato parecchio, ma la cosa che ci ha sorpreso di più è stato l’interesse dei giovanissimi, molti dei quali il 26 settembre del 1988 non erano ancora nati. La cosa ci ha riempito di gioia. È proprio per questo che abbiamo deciso di lavorare a questo volume, per trasmettere il passato che molti vogliono far dimenticare, perché solo sapendo come sono andate le cose, si può avere una coscienza più pronta a decidere cosa fare nel futuro.

Leader carismatico, dici. Uomo di molte parole e concetti. Il vostro fumetto è pienissimo di parole di Mauro. Giuseppe Lobocchiaro è disegnatore con suo stile già compiuto e si destreggia bene nelle varie ambientazioni; il problema maggiore forse lo ha avuto nel lasciare lo spazio ai testi, spesso debordanti…
Si, tocchi un tasto dolente. Giuseppe, da architetto urbanista, ha goduto parecchio a lavorare nelle ambientazioni. Un pazzo che ha lavorato su particolari assurdi e minuziosi. Poi c’è la parte testuale dei vari dialoghi su cui abbiamo dovuto lavorare parecchio, per adattarla, sintetizzarla e inserirla, senza alterarne il pensiero. In questo lavoro lo abbiamo fatto soffrire un bel po’. Ma andava fatto, era voluto. Anche per marcare l’evoluzione del linguaggio di Mauro, che parte parecchio contorto (i sessantottini parlavano parecchio e sofisticato, lui anzi meno di molti altri) fino ad arrivare al linguaggio semplice di un giornalista che parla a tutti.

A conferma di quanto dicevi in precedenza sulla lunghezza. Rispetto ad altri volumi “a la” Becco Giallo che parlano di omicidi “celebri” le vicissitudini che portano all’omicidio Rostagno occupano una parte decisamente piccola del libro. Lo sbilanciamento dimostra che non è un libro su un evento luttuoso, ma su una persona e sulle sue parole e azioni.
Anche questo è un aspetto che abbiamo voluto fin dal primo momento in cui abbiamo deciso di lavorare su questo volume. Sarebbe stato complicato parlare del delitto, visti i 22 anni di indagini, senza che il processo sia ancora partito. E infatti “releghiamo” questa parte ai redazionali di approfondimento e alle interviste. Ma il motivo principale è proprio quello che volevamo parlare della vita, non della morte, e Mauro la vita l’ha vissuta davvero, meravigliosamente e senza censure. Come dice Sofri nella prefazione del libro: di tutti quelli che ho conosciuto, era il più pronto a prendersele tutte, le vite che abbiamo in offerta.

Si diceva quindi che Mauro Rostagno era uomo di parole e di azione. Le sue azioni nel sociale hanno creato reazioni positive. Ma le sue parole alla fine lo hanno ucciso…
No, l’ha ucciso la mafia, l’indifferenza, il fatto che personaggi come lui vengono lasciati soli e spesso dimenticati. Le sue parole uccidevano la mafia, le collusioni politiche, il malaffare.

Torniamo ai motivi del suo omicidio; le parole di Mauro, le ultime, quelle delle denunce del malaffare trapanese gli costarono la vita, come a Peppino Impastato, a Pippo Fava, a Giancarlo Siani… Banalmente si dice che la penna ferisce più della spada. Dimmi tu cosa teme la malavita organizzata da un giornalista, visto che spesso non fa altro che riportare informazioni note ai più (indagini, sentenze).
Quando Mauro iniziò a fare il giornalista a Trapani, partì parlando dei problemi dell’immondizia, della mancanza d’acqua. Tutti sapevano, ma nessuno calcava la mano in tv, nessuno ne parlava con ironia e sarcasmo come faceva lui, nessuno era sul campo a intervistare i diretti interessati, a filmarli mentre facevano i pranzi di partito con le bocche piene di cibo, nessuno entrava dentro le gabbie del tribunale per mostrare i volti dei mafiosi, nessuno faceva nomi e cognomi pubblicamente dei coinvolti e i corrotti. La gente ne rimase stupita e affascinata.Le parole che nel nostro libro facciamo dire non solo a Mauro, ma anche alla gente comune, sono assolutamente vere, prese da vecchi filmati e dai racconti dei protagonisti.
C’è un aneddoto che ci hanno raccontato mentre lavoravamo sul volume. Gianni Di Malta, l’operatore di Mauro che si vede anche nel volume, abitava nel centro storico di Trapani, quando la sera si ritirava, sentiva nella piccola viuzza che la voce di Mauro proveniva da tutte le finestre aperte per il caldo, creando un effetto stereofonico ammaliante. I TG di Rostagno a Trapani avevano più telespettatori di quelli nazionali, paragonabili solo a una finale mondiale. È una cosa che a Trapani non si era mai vista e mai più, dopo di Mauro. Questo ai poteri, più o meno occulti, portava fastidio, porta ancora fastidio. Non è solo il dire le cose, ma come dirle che arriva alla gente.

Domanda brutale: la Sicilia che ha accolto come un figlio Mauro partorisce i suoi assassini. Da siciliano, come vivi e affronti questa realtà?
Una delle prime frasi di Mauro che mi ricordo di quegli anni è: io sono più trapanese di voi, perché ho scelto di esserlo. In questa frase è racchiusa l’essenza della risposta. Essere siciliani non è facile, essere trapanesi è ancora più difficile. Non basta nascere in un posto, non credo a quello che Battiato chiama “il senso di appartenenza”…credo più al senso d’origine e a dove indirizziamo il nostro sguardo ogni giorno. Io mi sento siciliano ovunque vado, orgoglioso del mio marcato accento, delle mie origini metà contadine e metà marittime, degli elimi, i sicani, la Magna Grecia, gli arabi, Federico II, i vespri e i “briganti”…e via via fino agli sfollati della Seconda Guerra Mondiale. La mia è una terra che ha nel sangue e nelle facce una diversità che un tempo era ricchezza e oggi è paura. Essere siciliano vero e onesto, significa poter camminare a testa alta, con orgoglio e con onore (quello vero), guardare in faccia chi questa terra l’ha martoriata e vivere senza abbassare mai lo sguardo. Non è facile, e a volte capisco chi non ci riesce, ma non l’accetto. Fa male sapere che chi ha ucciso Mauro è siciliano come me? No! Primo perché chi l’ha fatto non è siciliano “come me”. Secondo perché qualsiasi terra avesse partorito killer e mandanti avrebbe fatto male uguale.

Ma il motivo principale è proprio quello che volevamo parlare della vita, non della morte, e Mauro la vita l’ha vissuta davvero, meravigliosamente e senza censure.

Nel libro narrate attraverso le vicende di Rostagno decenni di storia importantissima del nostro paese; nei nostri coetanei quanto pensi manchi la conoscenza di alcuni (non dico tutti) dei passaggi culturali, delle tensioni sociali che hanno costruito la triste Italia moderna?
Nelle varie presentazioni che abbiamo fatto, ci hanno colpito alcune domande e alcune affermazioni, anche di giornalisti. Ad esempio, ancora oggi c’è chi pensa che le brigate rosse siano nate da Lotta Continua e che Mauro ne sia uscito per questo motivo. C’è chi è convinto che dietro le grandi stragi: Bologna, Piazza Fontana, Italicus, ecc. ci sia il terrorismo rosso. Gli anni ‘70 rimangono un grande mistero per quelli della nostra generazione, figuriamoci per chi è venuto dopo. Di chi è la colpa? Della pessima informazione italiana. Ed è un fatto gravissimo per la democrazia di un paese che chi gestisce l’informazione è chi ci governa. Sapere è potere: più sai e più potere hai su te stesso e sul mondo. Meno fai sapere più potere hai sugli altri.
Chi gestisce l’informazione questo la sa benissimo e allora è facile tenere a guinzaglio un popolo che elemosina un voto (o un televoto) e spera in una vincita milionaria per cambiare la propria vita. Non è per fare retorica, ma se si investisse di più nella scuola, nella cultura, nell’arte, allora sì che potrebbero cambiare le cose. Ma a chi ci governa, conviene che le cose cambino?


Chiusura: dopo un viaggio così lungo (ricerca, stesura, pubblicazione, promozione) che ti ha dato tantissimo in termini di conoscenza (di Rostagno, delle sue idee e delle persone che le hanno amate e le amano ancora, trasversalmente, ovunque nel nostro paese), senza scendere nel dettaglio, dove vorresti “indirizzare” le tue forze per una seconda puntata nel mondo della sceneggiatura a fumetti?

Come ti dicevo all’inizio, lavorare su Mauro mi ha dato un paio di input e degli spunti che sto approfondendo, sia di storie vere, che di fantasia. Senza entrare nel dettaglio, di uno di questi input te ne ho parlato in una delle risposte a questa stessa intervista, ma probabilmente te l’ho mascherata bene.

 

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