Napule è mille culure
(Napule è mille paure)
Napule è nu sole amaro
(Napule è addore è mare)
Napule è nà carta sporca
(E nisciuno se ne importa)
Napule è nà camminata
(Int’ e viche miezo all’ate)
Potrebbero essere questi versi, cantati da Pino Daniele nella traccia d’apertura dell’album Terra Mia (1977), le parole definitive su Napoli. Prima e dopo, comunque, non sono stati pochi i tentativi di raccontare una città tanto grande e speciale quanto complicata e senza dubbio contraddittoria.
Sin dalla lunga prefazione al fumetto, nello spazio abitualmente dedicato alla rubrica della posta, Giancarlo Berardi, ideatore e sceneggiatore di Julia, realizza un’esplicita dichiarazione d’amore verso la città partenopea.
L’autore genovese non ha mai negato infatti di essere cresciuto ascoltando canzoni di Sergio Bruni e Roberto Murolo, guardando i film di Totò e le commedie di Eduardo De Filippo e leggendo le poesie di Salvatore di Giacomo.
Ha quindi cercato, con l’ausilio di Maurizio Mantero alla sceneggiatura e Steve Boraley ai disegni, di catturare tutte queste fascinazioni e restituire un’immagine affettuosa ma anche veritiera della città.
Napule è mille culure
Vedi Napoli e poi muori racconta di un’indagine nella quale viene coinvolta Julia durante la sua permanenza a Napoli, in occasione della visita fatta, insieme al suo uomo Ettore Cambiaso, alla mamma di lui ((Ricordiamo che quattro anni fa avevamo già anticipato la relazione della protagonista con un personaggio italiano di origini napoletane.)). Tale viaggio è un’occasione per scoprire con occhi vergini le meraviglie di un luogo che ha tanto da offrire.
La criminologa viene inebriata dai profumi del cibo e del caffè napoletani, dal calore della gente, almeno fino al momento in cui incappa in un omicidio. Si tratta della morte di Don Alfonso Maria Dei Fornari, citazione al personaggio dell’episodio Il professore de L’oro di Napoli di De Sica (1954) con protagonista Eduardo De Filippo ((Nel film il nome era duca Alfonso Maria di Santagata Dei Fornari)).
Nella storia compare infatti tutta una serie di personaggi che omaggiano attori e pellicole appartenenti all’immaginario del capoluogo campano. Oltre al nobile decaduto, personaggio ormai standard nella narrazione napoletana (quello, per intenderci, così ben interpretato da Vittorio De Sica nello strepitoso episodio I giocatori, sempre nel film L’oro di Napoli) facciamo la conoscenza di una corte di caratteristi che graficamente riporta alla memoria i vari Totò, Peppino De Filippo, Tina Pica, Lello Arena, Massimo Troisi e Marisa Laurito.
Questa Napoli è costruita su un raccontare a volte compiaciuto della solarità e dell’arguzia dei napoletani, nonché della loro simpatia e dell’eccessiva disponibilità nel mettersi a disposizione per aiutare Julia. Probabilmente alcune scelte sono legate al grande affetto degli autori verso la città, ma anche a una certa visione iconica, a partire dalla cover di Cristiano Spadoni, nella quale i protagonisti sfrecciano in moto sul lungomare Caracciolo, senza casco e contro mano per fare in modo che “a favore di foto” ci sia il Vesuvio a dominare lo sfondo.
Non manca, come spesso accade nella serie, un’evidente ricerca di realismo, unita a tratti all’esigenza di sdrammatizzare. C’è un particolare nella sceneggiatura che riguarda Julia, la criminologa “mericana”, che è da sottolineare: come già avvenuto nell’episodio ambientato a Genova (La superba, Julia #197), i dialoghi da lei proferiti sono formulati in un italiano sgrammaticato, creando l’effetto straniante di renderla più distante dal lettore ma al contempo autentica.
A forza di essere vento
Non è solo mare e panorami quest’albo, né unicamente citazioni di usi e costumi della città. Le storie di Julia, da sempre, hanno evidenziato e raccontato i problemi, sociali e psicologici, tipici della società occidentale del nostro tempo e, come spesso accade, non è la risoluzione del delitto il cuore della narrazione.
Lo stesso Berardi nell’intervista a riguardo ci ha confermato l’intenzione di assolvere a un ulteriore approfondimento tematico, mostrando anche l’altro lato della medaglia.
Gli autori introducono nella trama l’amore paterno di un anziano signore verso una ragazzina rom. È questa l’occasione per un viaggio in un campo rom situato ai margini della città, alla scoperta di usi e costumi di questo gruppo etnico chiaramente poco amalgamato nella nostra società (laddove non apertamente avversato da alcune visioni politiche).
Nonostante vengano loro dedicate poche pagine, anche solo la scelta di mostrare uno scorcio di questo “ultimo girone d’inferno” (come lo definisce la protagonista stessa), il degrado e le difficoltà di vita nelle baraccopoli, costituisce un ulteriore passo nella direzione programmatica dello “sporcarsi le mani con la realtà” che Berardi da sempre persegue. Allo stesso modo va interpretato il passaggio radente al complesso delle vele di Scampia, scenario recentemente di alcune delle più crude scene del serial Tv Gomorra, o anche l’accenno a un giro di prestito di denaro a strozzo.
Uno stile espressivo
Ai disegni Steve Boraley, docente presso la Scuola Comix di Napoli e da quasi quindici anni nel team di autori di Julia, realizza un lavoro al solito molto efficace. Restando nei canoni stilistici imposti dalla serie, il disegnatore consegna l’usuale ottima realizzazione della sceneggiatura, brillando soprattutto nella pulizia del tratto e nella capacità di rendere espressivi i volti dei personaggi.
Si tratta infatti di una storia particolarmente teatrale, nella quale in molte scene la rappresentazione dell’espressività è elemento decisivo per la riuscita finale. Inoltre, per i passaggi ambientati nel passato, Boraley opta per l’uso di una scala di grigi, quasi a volersi ricollegare finanche graficamente ai lungometraggi d’epoca.
Verosimilmente, aver calato la storia in un contesto da lui conosciuto quanto amato ha portato il disegnatore napoletano a essere particolarmente descrittivo e ispirato negli scorci in esterno, contribuendo in maniera sostanziale a fornire un approccio realistico all’albo.
In conclusione…
Vedi Napoli e poi muori conferma l’attenzione di Giancarlo Berardi e dei suoi collaboratori verso il mondo che ci circonda e la sensibilità necessaria a parlarne in maniera veritiera e sincera. Pur con qualche slancio quasi “da cartolina”, legato all’amore per la location della storia, l’albo ci offre un giallo alquanto classico narrato in maniera esemplare. Resta nella memoria di chi ha letto l’albo, sia il bello, affettuosamente raccontato e disegnato, che il brutto, parte fondamentale e mai celata nelle storie della criminologa.
Abbiamo parlato di:
Julia #209 – Vedi Napoli e poi muori
Giancarlo Berardi, Maurizio Mantero, Steve Boraley
Sergio Bonelli Editore, febbraio 2016
132 pagine, brossurato, bianco e nero – € 3,70
ISSN: 977112717700560209
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.