Qualche anno fa ho avuto una “passiuncella” per i puzzle. Mi manca solo il tempo di annaffiarla e coltivarla, ma in fondo ne sono ancora schiavo. Così come quella per il modellismo. Eppure sento che, in tutte le cose che faccio, questa passione è presente e si manifesta in concreto, sempre in modi diversi, ma costantemente ad indicare un sottofondo comune: la voglia di mettere tutti i pezzi a posto. Vale nelle relazioni sociali, nel lavoro, nell’affrontare i problemi e soprattutto nelle scelte da fare.
Nella copertina del volume Ilaria Alpi – Il prezzo della verità manca solo un pezzo nel puzzle del mistero che ricopre la morte della giornalista e del cineoperatore Miran Hrovatin. È il pezzo che cancellerebbe per sempre le parole e gli aggettivi che accompagnano da tredici anni il “caso Alpi”: mistero, dubbio, insoluto, casuale…
L’apprezzato progetto editoriale dei tipi della Becco Giallo Editore ci regala un’altra piccola sorpresa. Nella collezione “Cronaca storica” viene, infatti, collocato questo libro che ci rigiriamo fra le mani, senza essere ancora ben sicuri sul come classificarlo. Da diversi anni i “Misteri Italiani” (laddove con questo termine si indicano omicidi, le scomparse, gli attentati ancora senza colpevoli assicurati alla giustizia) sono diventati un filone narrativo a cui attingere per programmi televisivi, fiction, film, libri, dvd. Ed anche fumetti. Nel nostro caso il volume è indubbiamente un valido lavoro “a fumetti”, ma è impossibile scindere dalla valutazione qualitativa il fatto che le radici, le fondamenta dell’opera succhiano linfa da un grave fatto di cronaca e di come questo sia in pratica tuttora insoluto (o risolto in maniera sommaria, per essere più lievi nel giudizio).
Il medium fumetto, d’altronde, non si è mai tirato indietro quando si è trattato di occuparsi di qualcosa di più concretamente e dannatamente reale di tizi in calzamaglia. Maus ((La recensione di Maus su Lospaziobianco: www.lospaziobianco.it/371-maus-art-spiegelman)), Fax from Sarajevo ((La recensione di Fax from Sarajevo su Lospaziobianco: www.lospaziobianco.it/2430-Fax-from-Sarajevo)), Palestina ((La recensione di Palestina su Lospaziobianco: www.lospaziobianco.it/22-Story-Teller-Palestina)), Il Fotografo ((La recensione de Il Fotografo su Lospaziobianco: www.lospaziobianco.it/1183-fotografo-afghanistan)), Gorazde Area Protetta ((La recensione di Gorazde Area Protetta su Lospaziobianco: )) rappresentano una piccola (non casuale e facilmente rintracciabile) lista di volumi nei quali abili autori di fumetti hanno utilizzato come base dei loro racconti storie tristemente reali, integrandole con note autobiografiche e anche di fantasia, al fine di coniugare un fine artistico alla voglia di far ricordare. Districandosi fra cenni autobiografici drammatici e veri e propri reportage giornalistici a fumetti, questi volumi, fra i quali vogliamo includere anche quello oggetto di queste righe, sono piccoli, eppure grandi spunti di riflessione da leggere attraverso la sensibilità e l’arte degli autori.
In questo caso parliamo del disegnatore Francesco Ripoli e dello sceneggiatore Marco Rizzo. Il secondo ha un passato da fondatore/collaboratore del sito www.comicus.it ed un presente/futuro da giornalista, traduttore e sceneggiatore. Il volume è il risultato della sintesi delle due passioni: fumetto e giornalismo. “Ilaria Alpi” è opera narrativa che coniuga, infatti, la fiction (intesa come “storia di fantasia”) con alcuni fatti reali, in una mistura raccontata in una postfazione simil “making of” nella quale Rizzo si preoccupa di raccontarci il perché delle scelte di sceneggiatura e quando e come la storia si discosta dai fatti. La protagonista del volume, come già detto, è “Ilaria Alpi che il 20 marzo del 1994, quando a Mogadiscio c’erano ancora i caschi blu dell’Onu, fu giustiziata insieme all’operatore Miran Hrovatin” ((Enzo Biagi “Quello che non si doveva dire” Ed. Rizzoli 2006)).
La tesi dell’omicidio premeditato viene sposata in pieno nella sceneggiatura del volume. Quindi, nel realizzare un’opera di “narrativa” Rizzo si libera dell’obbligo giornalistico di raccontare i fatti con voce totalmente obiettiva, o perlomeno quel tanto che basta per non distorcerli, realizzando, su un impianto basato su fatti reali, una storia a tesi, che trova la sua soluzione nel finale, come nei migliori gialli. La scelta narrativa, confessata dallo stesso Rizzo, è una narrazione a ritroso; poco senso aveva raccontare la storia in ordine cronologico giacché tutti ne conoscevano il finale. In sei capitoli ed un “epilogo” viene narrata, partendo dalla fine, la tragica fine dei due protagonisti ed il tragitto che li aveva portati ad incontrare proprio la morte, presumibilmente per aver scavato troppo a fondo nelle loro indagini giornalistiche, debitamente raccontate nel volume.
Ci permettiamo di aggiungere che la narrazione è decisamente rapida e scarna. Anche Rizzo sceglie di lavorare per sottrazione e di non caricare vignette di didascalie inutili o di balloons ricchi di parole e orpelli di sceneggiatura inutili. Un lavoro pulito, piaciuto a chi vi scrive, che fa scorrere la lettura con rapidità, lasciando l’impressione netta che i capitoli si aprano, come se fossimo al cinema, in “assolvenza” e si chiudano in “dissolvenza”. Il tempo di prendere fiato fra un capitolo e l’altro, di fare il punto, nelle nostre teste, su quanto abbiamo letto in precedenza per poter affrontare il viaggio a ritroso nella storia. Leggiamo, nelle scelte di soggetto come di sceneggiatura, una volontà dell’autore di sconfessare le discusse conclusioni della Commissione di Inchiesta Parlamentare, a partire dal reale motivo per il quale i due protagonisti erano in Somalia, “vacanza” per la Commissione e lavoro nella storia raccontata, così come, presumibilmente, nella realtà visto che “Ilaria Alpi il 20 marzo 1994 non era a Mogadiscio per caso: era stata inviata dal direttore del Tg3, Italo Moretti, perché esperta della cultura e società somala” ((Enzo Biagi – Op. Cit.)).
Per Marco Rizzo, come dettoci nell’intervista già pubblicata sul nostro sito, questo è un “fumetto che vuole essere denuncia e divulgazione” allo stesso tempo. E per chi scrive diventa difficile, se non impossibile, scindere il giudizio sul volume dal fatto che parli di una vicenda realmente avvenuta. Difficile, appunto, separare la tristezza causata dal sapere che i corpi nel furgoncino a pagina 23 furono realmente buttati lì dentro (con la povera giornalista ancora in vita, presumibilmente).
Così come è impossibile separare il giudizio dell’opera dal giudizio, decisamente positivo, sull’esordiente disegnatore Francesco Ripoli. Al lavoro su una storia nella quale ha dovuto bilanciare la sua “arte” con paesaggi, personaggi e fatti realmente accaduti e per i quali esiste una concreta documentazione video e fotografica, Ripoli è, per chi scrive, un artista decisamente sopra le righe. L’aggettivo “esordiente” indica infatti solo la quantità dei lavori realizzati. Per quel che riguarda la qualità, non stento a ripeterlo, siamo davvero sopra la media. Questo sulla base di pochi e semplici caratteristiche: un capace controllo dell’anatomia umana, per proporzioni e congruità della posizione in movimento; una sicura perizia nel rappresentare i volti e le espressioni con pochi tratti; una concreta plasticità nelle figure e nell’acquarello che ne delinea la profondità ed i colori, frutto, decisamente, dei trascorsi (e del presente) da scultore. E ci piace segnalare qualche piccolo spunto particolare; come, per esempio, l’acquarello utilizzato, senza contorni, per dipingere i visi dei personaggi dietro i vetri di un auto a pagina 81. Come detto, diverse immagini ed inquadrature sono figlie dell’apparato fotografico di cui si parlava in precedenza ed altre sono sicuramente figlie di altrettanto dettagliate indicazioni dello sceneggiatore; attendiamo quindi il Ripoli alla prossima, speriamo più lunga ed impegnativa e a colori, occasione, per confermare l’ottimo giudizio sulle sue capacità.
Nella parte finale del volume, dopo il racconto di Rizzo e Ripoli, troviamo il solito, integrativo, approfondimento che si ritrova nei volumi della Becco Giallo Editore e la bibliografia minima per chi ne volesse sapere un po’ di più. Magari, infatti, qualcuno troverà interessante conoscere un po’ meglio la storia della giornalista (affascinata dall’Africa tanto da essere corrispondente in Egitto del “Paese Sera” a soli 26 anni) o districarsi nei tristi atti ufficiali o nei racconti della “qualità” delle indagini svolte dopo l’assassinio dei due italiani in Somalia. Ne verrà fuori, se avrete voglia di leggerne ancora, il ritratto di una donna che vale la pena di ricordare. Per concludere, anche se può sembrare forzato, visto che gli autori hanno deciso di dedicare il volume alla memoria delle persone per le quali alla ricerca della verità rappresenta un imprescindibile valore morale, lasciateci credere e dire che questa dedica vale anche per il recentemente scomparso Enzo Biagi.
Riferimenti:
Intervista ed Anteprima su Lospaziobianco: www.lospaziobianco.it/3490-Ilaria-Alpi-prezzo-verita
Editore Becco Giallo: www.beccogiallo.it
Blog di Marco Rizzo: warbulletin.blogspot.com
Sito dedicato ad Ilaria Alpi: www.ilariaalpi.it
Recensione su “La Stampa Online”: www.lastampa.it
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