Marco, solo un caso che un riconosciuto appassionato di fumetti ma giornalista di “professione” come sei tu in pratica debutti come sceneggiatore con una storia basata su un reale fatto di cronaca, peraltro tragico?
No, non è un caso. Essenzialmente perché sono sempre stato affascinato da una certa applicazione del giornalismo e del fumetto, tanto da dedicare la mia tesi di laurea a Joe Sacco, e con Becco Giallo ci “corteggiavamo” da qualche mese. Poi, mentre mi documentavo su un altro fumetto da proporgli, la telefonata: “Ti va di fare un fumetto su Ilaria Alpi? Un giornalista per scrivere un fumetto ‘di inchiestà su una giornalista”. Una serie di combinazioni destinate a incontrarsi, insomma.
La storia procede a balzi temporali avanti e indietro perché , come hai già detto, sembrava poco interessante raccontare nel suo normale scorrere una storia già conosciuta. In realtà l’utilizzo di questa tecnica di sceneggiatura “basic” è , oltre alla dimostrazione della conoscenza del mezzo, reale necessità , vezzo autoriale o un mettersi alla prova spostando l’asticella un po’ più in alto?
Sarebbe stato sciocco lasciarmi andare in esercizi di stile fini a sé stessi, in questo fumetto. L’idea di raccontare la storia al contrario è funzionale ad una scelta precisa, presa a monte, nell’approccio alla narrazione: come rendere intrigante per un lettore una storia di cui si sa già , ahinoi, che i protagonisti moriranno? Quale può essere il “giallo”, su cosa ci si può interrogare? Poi è vero anche che amo molto le sceneggiature (e un po’ ne invidio gli autori) che sanno “giocare” con i piani temporali, da film come Pulp Fiction a Memento passando per The Prestige. Il fumetto, per la sua intrinseca particolarità di non essere “fugace” come i minuti dei film, ma impresso sulla carta, può essere un ottimo campo di prova per questo genere di sceneggiature. Ma sempre tenendo presente che dall’altra parte c’é un lettore che DEVE capire la storia, altrimenti è un puro esercizio onanistico di chi scrive. Specie in un fumetto come questo su Ilaria Alpi, che vuole essere di denuncia e divulgazione.
Quanto la tua sceneggiatura era dettagliata (per alcune cose, personaggi, veicoli, posti, per forza di cose parecchio) nella costruzione della tavola e in che misura è stata lasciata briglia sciolta al disegnatore?
Quando abbiamo cominciato, Francesco è stato esplicito, chiedendomi di essere dettagliato e preciso, per essere aiutato in un approccio con questo linguaggio per lui praticamente nuovo. Poi, per mia natura, io sono spesso parecchio rompiscatole e puntiglioso, nelle sceneggiature, a meno che non si tratti di una collaborazione rodata e di un rapporto di fiducia (come poi è diventato con Francesco in corso d’opera). A volte, specie per tavole con una costruzione atipica, disegnavo anche degli schemi sulla disposizione delle vignette. è ovvio poi che per quanto riguarda certi ambienti e volti, viste le giuste pretese della linea editoriale alla base della collana, ci siamo basati su foto, testimonianze e registrazioni, fornite da me o trovate da Francesco stesso.
Nonostante si narri una storia di cronaca nera al lettore vengono omaggiate alcune serie di tavole (o pagine intere) decisamente evocative (come lapparizione di Marocchino o lo zoom prima a ritroso e poi in avanti- dalla casa di Ali Mussa Boqor alla strada sotto la quale si suppongano siano sotterrati i container con rifiuti tossici). E stato fatto per lasciare a chi legge il tempo di incamerare i “fatti” e riflettere?
Nel caso dell’apparizione del faccendiere Giancarlo Marocchino, che dispose dei corpi, l’apparizione così graduale, quasi come se fosse vista da occhi appena aperti, serve a rallentare il ritmo dopo la scena frenetica dell’omicidio della pagina prima. L’altra sequenza a cui ti riferisci, porta lo sguardo del lettore lontano dalla stanza dove il sultano del Bosaso sta rivelando fatti scottanti a Ilaria Alpi, e lo fa “volare” via. Questo perché mentre il resto della discussione è basata sulle registrazioni pervenute, di quanto detto dal Sultano a microfoni spenti non abbiamo tracce. Allora non possiamo “sentire” quello che dice. Inoltre, verrebbe rivelato troppo presto al lettore cosa ha scoperto Ilaria, quindi gli autori si permettono di prenderlo per mano e portarlo via, in attesa della spiegazione più articolata nel finale. E poi sì , come giustamente noti, questi “stacchi” danno al lettore il tempo per incamerare quanto è appena successo o è appena stato detto.
La morte dei protagonisti del volume nella realtà è uno dei tristi “misteri” italiani che sembrano destinati a restare, se non irrisolti, sicuramente impuniti (con buona pace di commissioni parlamentari di inchiesta… ). Quanto, per un giornalista, può essere frustrante (il caso Purgatori per Ustica altro argomento oggetto di un volume “Becco Giallo”- sia di guida… ) iniziare o continuare la propria attività laddove tale impunità sembra essere la normalità in queste vicende?
é frustrante, è avvilente. Indigna e fa arrabbiare. Ma credo che la forza dell’indignazione, che troppo spesso manca a noi italiani, possa essere un’ottima molla per fare ulteriormente pressione, verso la ricerca della verità . Come fanno tanti giornalisti (anche senza diventare star), alcuni politici onesti, tanta gente nel mondo dell’associazionismo. Quando non si può più confidare in questa spinta ottimistica, o si emigra, o si viene fagocitati dal “sistema” servile, annoiato e ipocrita.
Rostagno, Li Causi, Marocchino… inserisci nel volume alcuni personaggi che, se volessimo seguire gli atti del processo e della commissione parlamentare, non sono collegati all’omicidio (avvenuto, secondo la commissione, mentre la Alpi e Hrovatin erano “in vacanza” a Mogadiscio e non inviati dal direttore Moretti del Tg3 in un vero e proprio inferno la Somalia nel 1994… ). E paradossale o sintomo dell’Italia di oggi la “vaga”possibilità (vogliamo mantenerci volutamente generici… ) che un fumetto sia più vicino alla realtà di quanto siano sentenze e indagini ufficiali?
Marocchino è stato ascoltato più volte, nell’ambito delle indagini, e certi suoi movimenti anche ambigui intorno al caso Alpi, come la sua disponibilità a trasportare i cadaveri nelle mani dei militari (compito che non gli spettava di certo) sono assodati anche grazie alle indagini dei magistrati e alle sue confessioni. Che l’agente del Sismi Li Causi fosse collegato in qualche modo alla Alpi è stato confessato da ex- membri di Gladio e dell’Esercito durante inchieste giornalistiche. E la presenza di Rostagno nel volume, su cui non voglio dire molto per evitare di rovinare la sorpresa a qualcuno, si riferisce a un fatto che ho buonissime probabilità di ritenere realmente accaduto, e soprattutto legato a quanto scoperto da Ilaria Alpi. Come vedi, elementi chiave dell’inchiesta o personaggi dentro certi coni d’ombra, non sono stati nemmeno presi in considerazione dalle indagini ufficiali. Non pretendo che il nostro fumetto racconti la verità assoluta, né che il nostro lavoro si sovrapponi a quello dei magistrati, ma di certo abbiamo sentito diverse campane e abbiamo fatto affidamento su materiali diversi, su fonti anche contrastanti, per giungere ad un resoconto verosimile.
Che cosa ti piacerebbe si dicesse della tua sceneggiatura (professionale, evocativa, coinvolgente…) e, oltre magari a citarne qualcuno dei tuoi preferiti, che “stile di sceneggiatore” ti ricorda (o magari ti ha ispirato)?
Oh beh, spero che se ne parli bene! Spero che la gente sfogli il fumetto, resti incantata dai disegni, e poi leggendolo resti intrigato dal racconto. Spero che la sceneggiatura riesca a trasmettere le informazioni (e l’indignazione) che mi prefiggevo. In effetti è stato un po’ come mescolare un campo della scrittura, quella giornalistica, a quella che applico al fumetto. Non credo di essermi rifatto a qualcuno in particolare, in questo caso. In altri casi, la mia passione per i fumettisti nordamericani e inglesi come Morrison, Moore, Millar, Bendis non viene tenuta segreta, qui credo che trapeli forse di più la mia ammirazione per chi sa raccontare e rendere per dialoghi la realtà nuda e cruda, da Gipi a Sacco ad esempio. Non dico affatto di essere arrivato a quei livelli, sono a chilometri di distanza, ma di certo i personaggi e le situazioni si ispirano a fumetti più realistici di quelli che leggo (e scrivo) di solito.
Nel volume mischi volutamente dati certi a supposizioni e passaggi narrativi dei quali nessuno può darci conferma; con quanta attenzione e rispetto ti sei avvicinato ad un racconto che ha per protagonisti persone realmente esistite (che facevano il tuo stesso lavoro) che hanno presumibilmente pagato con la vita la loro curiosità professionale?
Grandissimo rispetto, profonda ammirazione, enorme timore reverenziale, prima che per le professionalità , per le grandi personalità . Ogni passo rischiava di essere falso, e forse non sempre avro’ azzeccato l’interpretazione giusta. Più che trovare le fonti, è stata dura scegliere fra quelle contrastanti e valutare la più verosimile e allo stesso tempo la più “fictionabile” all’interno del fumetto.
All’occhio, una volta studiate le carte processuali, le testimonianze e quanto scritto negli ultimi anni sul caso Alpi, è saltata la normale, in questi casi, indolenza nelle basilari indagini e nel porsi quesiti banali agli occhi di chiunque (come negare che “un colpo a bruciapelo” sia una esecuzione ben diversa da una “sventagliata di mitra” di una banda di rapinatori… ). Quanto tempo hai passato “sui libri” per riuscire a farti un’idea di quanto accaduto e quanto credi che quello che pensi ora sia vicino alla verità ?
Ho passato a documentarmi tre mesi di lavoro intenso, da novembre scorso a gennaio, e ho continuato a leggere e approfondire anche dopo che il soggetto era pronto, apportando modifiche e correzioni. Spero di essermi avvicinato alla verità il più possibile, specie in certe sequenze, più che altro per pretese giornalistiche. D’altro canto so che certe scene erano necessariamente “falsificabili” per esigenze narrative, come di altre sono dovuto partire da zero. Considera tra l’altro che quando non sapevo scegliere su quale versione dei fatti puntare, in maniera molto “furba”, ho mascherato l’azione. Come sulla distanza del fucile che ha sparato a Ilaria, che alcuni hanno detto a bruciapelo, altri a cinque metri. Io ho risolto, per così dire, il dilemma nella ricostruzione, facendo vedere la canna dell’arma e non facendo intuire la distanza.
Se vogliamo dirla tutta, in fondo, non sono solo la Alpi e Hrovatin le uniche vittime di quel 20 Marzo 1994. Anche un Vittorio Lenzi operatore della RTSI, morto in un “poco chiaro” incidente stradale sul lungolago di Lugano e l’operatore dell’Abc, trovato ucciso a Kabul in una stanza d’albergo non molto tempo dopo, che avevano ripreso lauto subito dopo l’attentato. Fra gli “scomparsi” anche un taccuino, di appunti, della giornalista italiana. Secondo te (un assist… ) ci sono altre vittime in questa vicenda?
é una vicenda talmente grossa, talmente sporca e talmente remunerativa per chi c’ha marciato sopra, che credo proprio che le vittime coinvolte siano tante. Lenzi, tra l’altro, fu colui che filmo’ i giornalisti amici di Ilaria, nella sua stanza d’albergo, che le sistemavano i bagagli, e non come detto in altri contesti, colui che filmo’ la Toyota dopo l’attentato. Ma le sue riprese sono ugualmente importanti, perché si distingue che i bloc notes messi nei bagagli a Mogadiscio erano 5, e non due come arrivarono a Roma. Oltre alle vittime “illustri” come i giornalisti o Li Causi, bisogna contare anche tanti informatori e testimoni somali, come l’autista di Ilaria e Miran, Ali Abdi, e tanti altri di cui non sapremo mai i nomi.
Sei agli inizi della tua carriera di giornalista e sceneggiatore (e traduttore); Trapani è , per te, fin troppo facile oggetto di indagini giornalistiche (vedi quella sul Porto). Ti senti attirato dal giornalismo d’indagine e quanto ti sembra sia oggi come oggi apprezzato e richiesto in ambito nazionale?
Certo che mi attira. Purtroppo il giornalismo di inchiesta necessita di fondi e coraggio da parte dell’editore. Se l’editore può benissimo aumentare le vendite del giornale rovistando nelle morbosità dei vari Cogne e Garlasco, o si adagia sul rimpasto delle agenzie, credo gli interessi poco preoccuparsi delle inchieste. Per pubblicare la mia lunga inchiesta sul porto di Trapani (che ancora prosegue) ho bussato alla porta di tre giornali, prima di arrivare su L’Isola Possibile, il supplemento siciliano de Il Manifesto. Oggi le inchieste partono più che altro dai libri (vedi il caso Gomorra, o La Casta), il più delle volte da firme già affermate, e di riflesso approdano sui giornali e sulle riviste. L’Espresso in questo senso si sta muovendo bene.
Uno sceneggiatore è quello che, in pratica, vede il fumetto nella sua testa ancora prima che sia realizzato, e che lo “rivede” finalmente su carta dopo che il disegnatore lo ha completato. Due domande:
– quanto ti è piaciuto lo stile e l’innegabile sicurezza (inconsueta per un quasi debuttante) nella costruzione e nel disegno delle tavole di Francesco Ripoli?
Credo che lo stile di Francesco conquisterà molta gente, e sono sicuro, come ho già detto, che chi sfoglierà il volume lo comprerà in buona parte per l’ottima parte grafica. Franz ha uno stile personalissimo e ben definito, nonostante sia praticamente all’inizio. Merito del suo background di artista a 360 gradi, della sua voglia di sperimentare e mettersi alla prova, della sua minuziosità dell’orefice e la “passionalità ” dello scultore. E soprattutto, pur non essendo un teorico del fumetto, ha una grande abilità innata nel raccontare. Un vero, raro artista. Credo che la cosa sia sotto gli occhi di tutti.
– quanto il volume stampato è diverso da quello che hai immaginato in testa e che hai sceneggiato?
Ti diro’ … non lo immaginavo così bello! Riguardo le tavole, sono poche le volte che il disegnatore è andato oltre le mie indicazioni, ma quando l’ha fatto è riuscito a migliorare il tutto con le sue intuizioni. Poi apprezzo molto la grafica sobria ed elegante dell’editore Becco Giallo.
Francesco Ripoli è nato a Livorno il 4 febbraio del 1971; vive e lavora in provincia di Livorno. Dal 2000 è insegnante di Disegno Grafico all’I.S.I.S di Cecina (LI), dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1998.
Che difficoltà ha incontrato, in generale, in questo tuo primo lavoro?
Non ho avuto grosse difficoltà nella realizzazione, l’unico problema è stato il tempo, sono stato costretto (per impegni precedenti) a realizzare una tavola al giorno per due mesi (da metà settembre a metà agosto). Lo stress per la consapevolezza di non poter sbagliare sono stati molto pesanti.
E che difficoltà , nel particolare, hai avuto nel lavorare ad una storia in buona parte “vera” con un epilogo così dolorosamente noto?
Se per difficoltà intendi a livello tecnico, quello che mi viene in mente è stato cercare di cogliere le espressioni e gli atteggiamenti persone che non ho conosciuto e non ho visto muoversi. A livello emotivo è stato coinvolgente perché ero certo stare facendo una cosa giusta.
Quanto ti ritieni soddisfatto dall’utilizzo della tecnica da te scelta per il volume e dall’enorme pulizia e coerenza artistica del volume (che, ci permettiamo di aggiungere, mostra un’ottima tecnica di base)?
Devo dire che mi ritengo piuttosto soddisfatto ma d’altronde penso anche che ogni storia può essere rappresentato in moltissimi modi, e io ho usato solo uno di questi modi. Ti ringrazio per i complimenti; sono molto autocritico e non ho mai giudizi troppo positivi sul mio lavoro, penso sempre che potevo farlo meglio e vorrei continuamente rimettere mano alle tavole, il mio compiacimento ha una durata molto breve purtroppo!
Leggiamo che sei appassionato di scultura; da questo o da scelte editoriali la scelta del b/n rispetto al colore?
La scelta è stata dell’editore, in realtà la storia è colorata con un grigio “caldo”.
Al di fuori del campo fumettistico, quali riferimenti grafici ritieni basilari nel tuo approccio al disegno? E nel campo fumettistico?
Sarebbe difficile elencare la miriade di riferimenti non solo grafici che mi porto dietro, la mia curiosità mi porta a scoprirne in ogni campo artistico o creativo, spesso anche dentro alla produzione di artisti di cui non mi piace nulla… In campo fumettistico mi piacciono molto Sergio Toppi, Andrea Pazienza, Gipi, David Mazzucchelli, Kent Williams, katzuiro Otomo e chissà chi mi sto dimenticando!
In che direzione ti piacerebbe andare con il tuo prossimo lavoro “a fumetti”? Seriale, d’autore…
Mi piace molto la libertà nella sperimentazione di linguaggi espressivi nuovi, sia a livello di sceneggiatura che di rappresentazione e credo che il campo d’applicazione di questa mia inclinazione sia la graphic novel che a mio avviso, in certi “fortunati” casi diventa un ibrido tra letteratura e cinema emancipandosi dal suo (italianissimo) stato di arte minore.
Riferimenti
Blog di Marco Rizzo: warbulletin.blogspot.com
Becco Giallo: www.beccogiallo.it
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