Giuseppe Camuncoli e il futuro distopico di “Undiscovered Country”

Con ai testi Scott Snyder e Charles Soule, la serie Undiscovered Country dipinge un futuro distopico nel quale gli Stati Uniti d’America hanno blindato i propri confini e, a trenta anni da questo evento, in occasione di una pandemia che sterminerà il genere umano, vedono un gruppo di scienziati, politici e militari entrare e scoprire cosa è successo nella terra delle occasioni… Il lato artistico è affidato a una squadra italiana: Giuseppe Camuncoli, Daniele Orlandini e Leonardo Marcello Grassi. Abbiamo raggiunto via mail il primo per parlare del suo contributo a questa maxiserie.

Parliamo di Undiscovered Country; quando sei stato coinvolto nel progetto e in che misura hai contribuito con tuoi spunti alla trama e, soprattutto, alla creazione grafica dei personaggi?
Il progetto mi è stato proposto direttamente da Charles Soule sul finire del 2018, praticamente pochi giorni dopo aver consegnato l’ultima pagina di Darth Vader: Dark Lord of the Sith, la maxiserie di 25 numeri che ho interamente disegnato su testi suoi.
Anche con Scott Snyder avevo già lavorato in precedenza, su un numero di All-Star Batman, e l’idea di lavorare con due mostri sacri della scrittura made in USA che per la prima volta univano le forze mi sembrava impossibile da rifiutare. Sui personaggi e sulle ambientazioni c’è chiaramente il mio zampino, sulla base delle loro descrizioni e indicazioni, ma un po’ su tutto c’è un grande lavoro di gruppo. Sia Scott che Charles contribuiscono con le loro idee all’apparato visivo, e ogni tanto anch’io suggerisco qualcosa dal punto di vista della storia. C’è grande affiatamento, grande rispetto del lavoro altrui e al tempo stesso grande disponibilità, quindi meglio di così non poteva capitare. Essere in sintonia con i compagni di lavoro è fondamentale, soprattutto quando ci si appresta a lavorare su una serie per tanto tempo.

Quali sono i tuoi gusti in termini di fantasy/fantascienza e soprattutto futuri ucronici?
Sono abbastanza onnivoro in questo senso, ho visto e letto un po’ di tutto ma senza avere preferenze specifiche, il che mi permette di pescare le mie ispirazioni indifferentemente da questa o da quest’altra opera. Ad esempio, soprattutto per certe ambientazioni, ho pensato ad Akira, il capolavoro di Katsuhiro Otomo che ha segnato la mia adolescenza e la mia visione, di lettore prima e di autore poi, altre volte invece mi viene spontaneo riproporre certe atmosfere alla Moebius o pensare alle suggestioni che mi ha dato la lettura di un capolavoro della fantascienza come il ciclo di Hyperion di Dan Simmons. Il bello di UC è che a livello di concept e visivo è un pastiche a spettro molto ampio, che mi permette di disegnare praticamente quasi qualsiasi tipo di setting o di mood.

È singolare come uno dei filoni principali della storia verte attorno ad una pandemia mondiale in grado di spazzare via tutta la popolazione. Parliamo di un fumetto pensato e realizzato mesi prima del Covid-19… Che reazione hai avuto pensando a questa coincidenza/sovrapposizione?
Beh, le origini del fumetto risalgono se non ricordo male al 2017, quando Scott e Charles iniziarono ad abbozzare l’idea principale durante le loro sessioni di jogging mattutino pre-fiera, il che pone il tutto a una notevole distanza rispetto a quanto accaduto in questo infausto 2020. E tra l’altro la pandemia che colpisce il mondo di UC, attraverso il virus Sky, è stato per certi versi solo un escamotage che ha permesso alla storia di mettersi in moto, per cui è fondamentale per l’intreccio ma poi diventa in qualche modo un dato quasi periferico. Le reazioni di tutto il team sono state quelle che potete immaginare, dall’incredulità al riso amaro, passando attraverso l’illusione di aver in qualche modo predetto qualcosa che in realtà è accaduto solo per coincidenza anche nel mondo reale. Io poi disegno e basta, quindi da questo punto di vista sono solo un soldatino. Sicuramente però la sensibilità e l’attualità di quello che stanno scrivendo Scott e Charles, pur riferendosi all’anno 2055, sono di grande attinenza con quanto sta accadendo in America in questi mesi, e questa è un’ulteriore testimonianza della loro bravura.

Sei da anni un autore italiano che lavora quasi esclusivamente con i più importanti editori statunitensi; quando hai iniziato a immaginare la tua professione, pensavi fosse possibile, lo speravi?
Beh, lo speravo in un angolo remoto della mia mente, ma pensavo che le probabilità realistiche di realizzare questo sogno fossero davvero poche. Io però ci ho provato, non arrendendomi ai primi insuccessi, e dopo poco in realtà ho capito che il mio esordio, avvenuto proprio a fine del 2000 sulle pagine di Swamp Thing della Vertigo, scritto all’epoca da un esordiente (anch’egli) Brian K. Vaughan, era stato solo il primo passo di una carriera che dopo vent’anni secchi ancora mi regala tante soddisfazioni. Diciamo che ho fatto bene a seguire il mio istinto e a provare a buttarmi, non mi sarei mai perdonato di non aver tentato.

Durante la pandemia è diventato “normale” lavorare da casa per milioni di persone in tutto il mondo; lavorando con autori ed editori esteri è una cosa che facevi da lustri. Come gestisci le comunicazioni e il lavoro con autori ed editori italiani? E con l’estero cosa cambia?
Sì, esatto, quando ho lavorato con editori italiani (Cong, Panini, Bonelli, Mondadori) o francesi (Casterman, Ankama) non è cambiato per niente il metodo di comunicazione. Quello che cambia principalmente è ovviamente la lingua e il fuso orario, ma per il resto sono vent’anni che gestisco i rapporti lavorativi con i miei compagni di squadra allo stesso modo. La mail è lo strumento principe, anche perché permette di coinvolgere tutti i complici nella gestione e nella gestazione del processo produttivo. Poi a volte ci si sente al telefono o in videochat se si devono affrontare questioni più importanti del solito. Ad esempio per Undiscovered Country lo facciamo spesso, a cadenza regolare, anche perché essendo una serie creator-owned dobbiamo gestire un sacco di aspetti in più rispetto alla sola produzione: comunicazione, pubblicità, promozione, diritti esteri, merchandising. Ma, ripeto, era già tutto molto agevole già vent’anni fa: in questo internet è stata fondamentale nell’abbattere le distanze e nel permettere una comunicazione rapida ed efficace a livello globale. Già una decina di anni prima sarebbe stato tutto più complicato.

Quali sono (se ci sono) le tue attuali letture seriali a fumetti (che ti piacciono) e, fondamentalmente, riesci ancora a seguire serie a fumetti?
Guarda, ormai il tempo dedicato alla lettura è sempre più ridotto rispetto agli anni d’oro, un po’ perché lavoro tanto e un po’ perché, appunto, disegnando a lungo poi quando stacco preferisco staccare sul serio e leggere romanzi, così almeno non mi sembra di essere ancora al lavoro. Però chiaramente ogni tanto mi concedo il lusso della lettura di fumetti, prediligendo naturalmente le letture di volumi a quelle seriali per i motivi di cui parlavo poco fa. Ti cito un paio di opere che ultimamente mi hanno folgorato: in campo seriale, Black Monday (in originale Black Monday Murders) di quel geniaccio di Jonathan Hickman e di quel mostro di bravura che è Tomm Coker. Infine mi ha colpito molto la graphic novel Instantly Elsewhere dei due enfant terrible del fumetto italiano Lorenzo Palloni e Martoz, che consiglio a tutti gli amanti della nona arte (e non solo).

Intervista realizzata via email nel mese di dicembre 2020.
L’intervista è parzialmente apparsa sulle pagine del Quotidiano del Sud – Edizione di Salerno il 24 dicembre 2020.

Giuseppe Camuncoli

Giuseppe Camuncoli è nato a Reggio Emilia nel 1975; il suo debutto da disegnatore avviene nelle pagine di una fanzine, Arena. Crea, con Matteo Casali, lo studio Innocent Victim e si fa notare con la pubblicazione del fumetto Bonerest nel 1997; dopo aver anche realizzato due episodi della serie Quebrada è la pubblicazione in volume della serie Bonerest, effettuta dalla Magic Press, a dargli lo spunto per tentare di approcciare gli editori statunitensi.
Debutta, con la DC, nel 2000 (con Swamp Thing, Hellblaser, Vertigo Pop: Bangkok); collabora anche con la Marvel con una storia di Spiderman’s Tangled Web, scritta da Brian Azzarello. Insieme a Jim Lee e Joe Casei crea la serie Intimates, che durerà 12 numeri. Da lì in poi le sue collaborazioni con i colossi statunitensi Marvel e DC sono continuative. Da 52 a Hellblazer, da Ms. Marvel special a Captain Atom: Armageddon.
Per il mercato italiano disegna Il vangelo del coyote, su testi di Gianluca Morozzi e l’adattamento del romanzo di Luciano Ligabue La neve se ne frega, oltre ad un albo della serie Gli scorpioni del deserto. Da ottobre 2008 è direttore artistico della Scuola Internazionale di Comics, Accademia delle Arti Figurative e Digitali, sede di Reggio Emilia. Con il sodale Matteo Casali ai testi porta a compimento il progetto di Batman: Europa, in cantiere nelle intenzioni degli autori e dell’editore da molti anni. Lavora su testate prestigiose come The Amazing Spider-Man e Darth Vader: Dark Lord of the Sith. Per la Skybound di Robert Kirkman disegna Green Valley e per la Image la maxi serie Undiscvoered Country, candidata come miglior nuova serie nel 2020. Entrambe pubblicate in Italia dalla saldaPress.

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