Premessa
Ci sono miti difficili da rielaborare. La semplicità, la forza, la riconoscibilità di certe formule è al tempo stesso croce e delizia di chi si trova a dipanare nuove avventure. I Fantastici Quattro sono così definiti e collaudati, nel loro ruolo di Prima Famiglia dei comics USA, che pare di immaginare le interazioni dei singoli membri, le battute, lo svolgimento delle trame prima ancora che esca una storia. Le grandi firme che si sono trovate a ereditare il lavoro di Lee e Kirby hanno talvolta optato per il back to the basics (come Byrne) o, all’opposto, decostruendo i legami familiari con perizia freudiana (Morrison).
Il merito maggiore di Jonathan Hickman è aver trovato una nuova strada nel mezzo tra questi estremi, recuperando la forza primigenia del quartetto (dimensione familiare ed esplorazioni cosmiche), dimostrando però che poteva essere adattata alle suggestioni narrative dei supereroi contemporanei, a partire dall’Authority di Warren Ellis.
Il lavoro di Ellis è essenziale per capire la Marvel contemporanea, visto che è il punto di partenza per le innovazioni della linea Ultimate in casa Marvel e per la successiva ultimatizzazione avutasi con Civil War e The Initiative. D’altronde è proprio nel capitolo successivo ai sopraccitati, ossia il Dark Reign, nel corso dell’oppressivo e “autoritario” periodo in cui “le chiavi del regno” marveliano finiscono nelle mani del criminale Norman Osborn, che Hickman, all’epoca talentuoso e promettente collaboratore di Bendis nella serie Secret Warriors, prende le redini della serie.
L’arrivo di Hickman è una decisa inversione di marcia, che tenta di far dimenticare il deludente tentativo di rilancio ad opera di Millar e Hytch, ma tuttavia vengono ripresi i pochi elementi degni di nota, come la caratterizzazione dei due figli di Reed e Sue, destinati a ulteriore importanza futura. Si aggiungono anche intriganti novità come “the Bridge”, un’interfaccia tra Reed e i suoi errori del passato, o le possibili scelte effettuate in realtà parallele, che avviano il personaggio sulla strada di una successiva maturazione come perno essenziale delle svolte che subirà il gruppo.
Prima Fase
Dal numero 570 lo stile di Hickman inizia a delinearsi meglio. La storia, pur sviluppandosi per brevi archi narrativi, possiede una complessità strutturale notevole, che lega tutti gli elementi della storia, anche quelli che sembrano più trascurabili, a un percorso di evoluzione abbastanza drastico per la serie e i personaggi. Se si rilegge tutto non tenendo conto della divisione in saghe si nota come ogni elemento iniziale anticipi i successivi movimenti e le scelte dei personaggi.
Si inizia con la saga “Solve Everything”, il vero punto di contatto tra il quartetto e Authority. In un presente pieno di storie in cui gli eroi tentano davvero di cambiare il mondo, anche usando drastici metodi politico-militari, Reed Richards si trova in una situazione d’apertura in cui è diviso tra obblighi familiari, un’accresciuta percezione della realtà e una serie di scoperte capaci davvero di modificare tutto ciò che conosciamo. Il “gioco di specchi” presentato dalla storia contrappone Richards, sia come genio scientifico che come padre, al ricordo del suo stesso padre Nathaniel prima, e alla follia di Wizard (“padre” di cloni) poi.
In seguito, il gioco di specchi verrà moltiplicato nelle sembianze dei vari Reed delle terre parallele, un Concilio di grandi menti, gemelle dello scienziato dell’universo 616, che gli aprono nuove possibilità pratiche e teoriche, ma lo pongono di fronte allo stesso bivio che, con incauta leggerezza, Millar e Bendis gli avevano fatto varcare ai tempi di Civil War, ossia la scelta tra lavorare a tempo pieno per il benessere del cosmo o continuare a concedersi le pause familiari, rinunciando a responsabilità maggiori.
Nel semplice, eppur geniale, spunto di questo arco narrativo c’è tutta la drammaticità del conflitto tra le fantasie di rivalsa e potenza del supereroe e le pressioni del mondo reale, emerso prepotentemente in questi ultimi anni, di fronte a un parco lettori molto più cinico e smaliziato. La storia si risolve in un “ritorno alla famiglia” che calza divinamente a pennello con la dimensione familiare della serie, e che, anche se apparentemente sembra la risposta più semplicistica a un tema così grande, in realtà è soltanto l’ennesimo seme piantato per rimandare a futuri ampliamenti del discorso. Il tratto plastico e piacevole di Dale Eaglesham, pur concedendosi il vezzo di disegnare i protagonisti maschili con pose possenti e muscolose, forse poco consone a certi membri del gruppo, mantiene la continuità grafica col lavoro di Brian Hytch, inframezzandolo di citazioni kirbyane che danno quel senso di “bentornato” ai fan della prima ora.
Quasi come a scontare la predominanza di Reed negli albi precedenti, i numeri 573-574 sono incentrati sulla coppia Johnny-Ben, riprendendo un’altra creazione di Millar e Hytch, il Nu-World, e facendo tornare sotto i riflettori i due piccoli Richards, in bilico tra atmosfere dolci e amare.
Ai disegni Neil Edwards e l’inchiostratore Andrew Currie, che continuano a mantenere alta la continuità grafica con un tratto leggero e divertente, alla Alan Davis. Lo stratagemma di alternare un team di disegnatori fisso è indispensabile nell’ottica del livello qualitativo medio richiesto agli albi di comics moderni, che spesso subiscono ritardi per questo motivo. A differenza di quanto accaduto con Hytch, che per rispettare le scadenze si era avvalso di contributi frettolosi e poco organici col suo stile, l’alternanza dei collaboratori di Hickman funziona decisamente meglio e non dà grossi problemi alla qualità grafica della serie.
Il compleanno è un espediente per rimarcare le atmosfere familiari, tra risate e sorrisi, ma anche delineare un cast di futuri comprimari e farci tornare ai colpi di scena stile anni Ottanta, con la visita di un ospite futuro in puro stile “Giorni di un Futuro Passato”. Hickman cita i suoi maestri incorporandone le suggestioni dentro un lavoro che sa essere personale e ben sviluppato, anche all’interno di momenti di pausa (come i numeri sopraccitati) che rendono un po’ incostante, soprattutto nella fase iniziale, il ritmo dell’intero ciclo. Ma in ogni caso, come si diceva sopra, alcuni dettagli verranno sapientemente ripresi nelle storie successive, rendendo ogni episodio importante, se non allo stesso modo in termini di contenuti, perlomeno in quelli della continuità seriale che premia il lettore assiduo.
Nella saga The Prime Elements Hickman decide di confrontarsi in modo più forte con nemici e scenari tipici della serie. Ogni albo è incentrato su un nemico storico e una delle strabilianti location create da Lee e Kirby, dal regno dell’Uomo Talpa e quello di Atlantide. Il ritorno di Eaglesham dà vita a soluzioni grafiche particolarmente immaginifiche, tra cui ricordiamo la inusuale, visionaria e orrorifica resa grafica di Annihilus. Anche in questo caso il peso di alcuni eventi non è da trascurare in rapporto all’intero quadro generale, specie nella maturazione del personaggio di Johnny Storm.
Seconda Fase
Col numero 579 si entra nell’iniziativa editoriale “The Heroic Age”. Un punto di svolta, sottolineato dal bellissimo discorso iniziale di Richards, che raggruppa i semi gettati in precedenza. In un parallelismo col lavoro di Morrison in “New X-men”, Hickman risolve la tensione tra l’ingenuità del superereroe e i problemi di un mondo complesso e verosimile donando la speranza di un futuro affidato a giovani menti da istruire e guidare verso nuovi orizzonti. Segue poi un altro interludio leggero, che si fa notare più per le pagine finali in cui vediamo all’opera le enormi potenzialità della classe speciale di Reed, un perfetto esempio di collaborazione e confronto tra pensieri diversi che si completano a vicenda e risolvono problemi apparentemente irrisolvibili.
Un grande salto di qualità rispetto alle solitarie sessioni di laboratorio del brillante ma quasi autistico Richards, e un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione del concetto famiglia. Si passa poi a una storia in due parti, “All Hopes Lies in Doom”, giocata su piani temporali diversi (il futuro dei figli di Reed e nonno Nathaniel, gli anni del college con Doom, Ben e Reed e il presente con mamma Susan). Sebbene le storie basate su incroci e paradossi temporali siano quasi sempre contorte, Hickman riesce a darci pagine inquietanti, drammatiche, commoventi, in cui la figura di Doom e la sua caratterizzazione azzeccatissima stroncano il pasticciato e provocatorio lavoro di Millar, e l’assoluta centralità di Franklin e Valeria (soprattutto quest’ultima) raggiunge uno dei suoi punti più alti. Neil Edwards ai disegni crea tavole spettacolari ma talvolta carenti nelle espressioni facciali dei personaggi.
Three
Nel numero 583 arriva Steve Epting ai disegni. Il gustoso collaboratore del bel ciclo di Cap scritto da Brubaker, influenzato da Gene Colan e supportato dalle chine oscure di Tom Palmer, non è sicuramente scelto a caso, visto che con lui il quartetto entra nella fase più oscura e luttuosa. Varie polemiche sono seguite in merito alla strategia di cavalcare l’hype generato dalla rivelazione anticipata della morte di uno dei componenti della squadra a fine saga, specie in un contesto come quello dei comics USA, in cui la morte a fini sensazionalistici di personaggi famosi è stata usata e lo sarà ancora, sia per i Fantastici Quattro che per altri.
Dal punto di vista dell’intero ciclo narrativo però ciò che avviene è abbastanza consequenziale alla maturazione di uno dei personaggi forse più difficili da padroneggiare per chi ha mai scritto la serie. Che il senso di questa maturazione stia nell’assunzione di una responsabilità senza ritorno, pur nella sgradevolezza sensazione di dejà-vù che qualsiasi “morte eroica” porta ormai con sé, è un discorso tutto sommato inaspettato e nuovo.
Di eventi luttuosi che promettevano di essere il definitivo punto di non ritorno ne abbiamo avuti a iosa, ma qui si dovrebbe piuttosto parlare di un punto di ulteriore avvio, uno starting point che il Richards di Hickman aveva in mente fin da “Solve Everything”. La centralità di un personaggio volutamente poco tenuto sotto i riflettori dallo scrittore, quasi a farci percepire maggiormente la sua insospettabile importanza una volta andato via, pur rompendo l’equilibrio familiare, determina nuove sfide e nuovi orizzonti: la Fondazione Futuro
. Hickman stesso ha dolorosamente sottolineato in un’intervista come il “make the world better” dei personaggi della serie nata dalle ceneri dei Fantastici Quattro sia reso molto più difficile dalla dipartita del personaggio più luminoso e ottimista del cast. Ma rendere le cose più ardue e in definitiva più eccitanti è quello che chiediamo sempre agli scrittori incaricati di divertirci. Il funereo numero 588 ci fa la gradita sorpresa del disegnatore ospite Nick Dragotta, che presenta una riuscita fusione tra le atmosfere oscure di Epting e Palmer e un tratto che rende omaggio ai volti piacevolmente geometrici di Kirby e Sinnott (ndr. del “funereo” numero 588 parleremo in un altro articolo che sarà pubblicato il 23/11).
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