Le parole di Alberto Silvestri, autore televisivo e sceneggiatore per lustri collaboratore di Maurizio Costanzo, descrivono -da un punto di vista privilegiato- il figlio Daniele, cantautore con ormai una trentennale carriera alle spalle.
“Quando entro in casa e sento musica, so che ci sei, perchè sei fatto di musica. Come per sua madre, tua madre era di jazz, e per mio padre, io teatro e penna. Tua madre è ancora jazz, io sono ancora penna: spero che tu resti musica ogni giorno”
In poche parole ogni membro della famiglia veniva associato alla sua principale passione. Ma, al di là dell’augurio fatto al figlio, di certo queste passioni non potevano essere univoche e quindi erano destinate (penna, musica, teatro, jazz) a diventare un miscuglio tale da rendere Daniele Silvestri un autore sempre pronto a svariare fra parole, recitazione (ricordate il tour teatrale di preparazione all’ultimo disco, durante il quale in scena c’era la costruzione di un disco più che l’esecuzione dello stesso?), musica… e jazz (inteso come improvvisazione, divagazione musicale).
Non di rado, in più interviste, ha ricordato come uno dei modi con i quali il rapporto padre/figlio è stato costruito sono le frasi in rima che Alberto rivolgeva a Daniele, chiedendo, come risposta, sempre frasi in rima, in un gioco/sfida che tanti padri/figli han costruito nei modi più diversi per creare un canale di comunicazione personale.
E quindi non deve stupire come il membro della famiglia che, essenzialmente, doveva essere musica, ha spesso utilizzato invece la parola e gli infiniti modi di costruire frasi e strofe per deliziare i suoi appassionati ascoltatori in gimcane lessicali, sillabazioni ardite e tortuose quanto velocemente azzardate corse in punta di rima e assonanza.
Ma non sono solo le rime, come detto, lo strumento che può rendere particolare una frase musicale, una raccolta di motivi e strofe che compongono una canzone.
Giovanni Pascoli, nel 1904, scrisse un poemetto dal titolo Italy. Nello stesso non mancò di sperimentare (e non poco) per quanto possibile con la lingua e, visto che nel racconto vi erano presenti italiani emigrati in Usa di ritorno, qualche singolare gioco di rime fra parole italiane, statunitensi e il miscuglio che dopo qualche anno gli italiani di prima e seconda generazione creavano nel mischiare le due lingue (nell’esempio sotto riportato, “nieva”, nevica, fa rima con “fleva” che sta per “flavour”).
Un gioco in parte anche effettuato nella canzone Ferrament, di Daniele Silvestri.
Ma figura retorica più interessante e non molto frequente, utilizzata nel pometto, è l’enjambement.
Una sua definizione è
la continuazione di una frase nel verso successivo a quello in cui è iniziata, annullando così la pausa di fine verso (pausa metrica). Viene detto anche spezzatura perché altera la scansione tradizionale del verso spezzando la frase, dal punto di vista sintattico e del significato, a fine verso, per concluderla nel verso successivo.
In una sua versione ancora più ardita vede la parte finale della parola del verso legarsi, ripetendosi, alla prima parte della parola del secondo verso. E questo accade proprio in Italy, di Pascoli.
Diverso dall’anadiplosi, che vede ripetersi il vocabolo intero o l’espressione intera che chiude una strofa, così come è, nella frase successiva, l’enjambement concatenato lega, ripetendo parte di una parola nella successiva, due strofe che si possono quindi leggere, recitare cantare senza soluzione di continuità.
Lo fa anche Camillo Sbarbaro, nella poesia Talor, mentre cammino per le strade, del 1914.
E arriviamo al 2023; nell’album X, il decimo di inediti della sua carriera, Daniele Silvestri, nel primo pezzo, Scrupoli (primo al netto del trailer del disco, ovvero Intro X), si lancia in un triplo uso dell’enjambement
La canzone, dichiaratamente ispirata a Disperato Erotico Stomp di Lucio Dalla, per ben tre volte, mettendo alla prova il fiato di chi la deve cantare, evita di dividere le strofe e fa sì che l’ultima sillaba dell’ultima parola della strofa sia la prima sillaba della prima parola della strofa successiva.
La legatura è evidente ed è sempre effettuata con la sillaba TA.
Non c’è soluzione di continuità, anzi; nel racconto questa concatenazione fa da volano alla strofa successiva che riprende forza laddove la precedente chiudeva il discorso, rilanciandolo violentemente e, in tutti e tre i casi, sancendo una presa di coscienza che si concretizza nel: farsi meno scrupoli (prima volta), evitare di promettere propositi reiteratamente (la seconda volta) e chiudere, di grazia, un rapporto che ha decisamente segnato il passo fino a incrinarsi del tutto.
Una ripetizione, quella della sillaba che concatena le due strofe allungando il discorso, che è, comunque, un gioco (in realtà è una cosiddetta figura retorica) efficace ma meno complicato di tanti altri. Fra i tantissimi esistenti, e in particolare quelli usati da Silvestri, en passant vale la pena ricordare la paranomasia. Si tratta di una figura retorica particolare, detta “di suono” (e questo già basterebbe a far capire perché sovente usata nelle canzoni) che accomuna parole molto simili di diverso significato. Usualmente solo una lettera o due rendono i “paronimi” diversi ma, nel caso particolare di cui parliamo, si tratta di parole esattamente uguali che hanno, però, la particolarità di avere significato diverso e di essere messe quanto più vicino possibile per disorientare il lettore o l’ascoltatore. Vale la pena annoverare un esempio altissimo, già presente nell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.
Al quale mi fa piacere, in chiusura, a distsanza di più di settecento anni, opporre il complicato calembour che caratterizza il complicato ritornello della canzone Quali alibi di Daniele Silvestri.
Perché, tra enjambement e paranomasia, volendo spulciare senza soffermarsi troppo, a volo d’uccello, la produzione musicale di Daniele Silvestri, non sarà difficile capire come la musica che mai sarebbe dovuta mancare, come nella speranza del papà Alberto, mai da sola sarebbe bastata se non fosse stata condita da un sanissimo approccio jazz alla costruzione delle canzoni (e della vita?) così come alla loro realizzazione ma, soprattutto, da tante parole che, penna alla mano, mai sono mancate al cantautore romano.
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