In occasione dell’uscita del numero 209 del mensile Julia, Vedi Napoli e poi muori, abbiamo incontrato Giancarlo Berardi e Steve Boraley per porre loro qualche domanda sull’escursione partenopea della famosa criminologa abitualmente di base a Garden City, in New Jersey. Berardi è co-sceneggiatore dell’albo con Maurizio Mantero mentre Steve Boraley, napoletano, ne ha curato i disegni.
Giancarlo Berardi nasce a Genova nel 1949. Dall’incontro artistico con Ivo Milazzo, nel 1974 dà vita a Ken Parker, serie di fondamentale importanza per l’evoluzione del fumetto italiano. I due autori realizzano, sempre in coppia, Tiki, Tom’s Bar, Welcome to Springville (cui partecipa anche il disegnatore Renzo Calegari), L’Uomo delle Filippine (per la collana bonelliana Un uomo un’avventura), Marvin il detective e Giuli Bai & co., e storie brevi pubblicate su Orient Express, Comic Art e Skorpio. Per L’Eternauta, in coppia con Giorgio Trevisan, traspone alcuni racconti di Sherlock Holmes. Realizza un episodio di Nick Raider poi il primo Maxi Tex, Oklahoma!, disegnato da Guglielmo Letteri. Nell’ottobre 1998 debutta in edicola Julia, serie dedicata alle avventure di una criminologa, per le cui sceneggiature è affiancato da Maurizio Mantero e Lorenzo Calza. Numerosi i riconoscimenti assegnatigli, tra cui il Premio Oesterheld, il Premio Internacional Barcelona de Comics, l’Haxtur e lo Yellow Kid.
Steve Boraley tra il 1991 e il 1996 frequenta l’Istituto d’Arte “U. Boccioni” e l’Accademia Belle Arti di Napoli. Da sempre appassionato di fumetti, nel 1998 si iscrive alla Scuola Italiana di Comix di Napoli, dove segue i corsi tenuti da alcuni disegnatori Bonelli quali G. Ricciardi, A. Nespolino, D. Bigliardo. Collabora a progetti, per edizioni Star Comics. Nel Maggio del 2000 viene selezionato per Julia e inizia un apprendistato con Giancarlo Berardi, al termine del quale esordirà sull’albo n. 47 di Julia (agosto 2002).
Salve Giancarlo e benvenuto su Lo Spazio Bianco.
Il fumetto italiano ha sovente creato i suoi più importanti personaggi collocandoli al di fuori dell’Italia. Le motivazioni vanno ricercate in una scelta di comodo (non confrontarsi con la realtà), di soggetto (racconti di avventura ambientati in altre epoche) e altro ancora. Il tuo fumetto Julia è “contemporaneo” e pur non essendo ambientato in Italia tocca ogni mese problematiche sociali del mondo occidentale (nostre a tutti gli effetti) e quindi si “sporca” le mani con la realtà. Come ti senti ad affrontare il reale e quotidiano anche nei tuoi fumetti ormai da molti anni?
Controcorrente. In una civiltà dominata dalla finanza e dal consumismo, la fuga dalla cruda realtà e il conseguente rifugiarsi in atteggiamenti adolescenziali, quando non spiccatamente infantili, diventa una necessità. Cinema, letteratura e fumetto trattano ormai solo di fantascienza o di fantasy. E anche il noir dipinge un mondo senza speranza, dove il bene e il male non coesistono più nello stesso individuo. Tutto è buio, malvagio, catastrofico. Julia è un’eccezione.
Nel rappresentare Napoli potrebbe sembrare che il tuo occhio sia stato troppo benevolo. Pur avendo vissuto la città, ne dipingi una versione lusinghiera, magari perché troppo coinvolto emotivamente. Può essere una critica valida?
Napoli è il luogo comune delle negatività. Da decenni politici e mass media la indicano come l’esempio di ogni iniquità. Senza approfondire, metto in luce gli aspetti positivi della sua gente, ma tra le righe se ne colgono anche le ombre.
Ken Parker e Julia sono modellati sui volti di attori famosi. Nell’albo (così come successo in passato in Ken Parker) appaiono una mezza dozzina (e più) di personaggi della cultura e dello spettacolo napoletano. Scelta tua, condivisa con Steve Boraley? Come ti è sembrata la resa degli stessi nel racconto, una volta visto l’albo disegnato?
Steve è stato bravissimo a cogliere le fisionomie, ma anche se il lettore non riconosce i personaggi, la storia fila lo stesso. Chi non è napoletano, difficilmente andrà oltre Totò e Eduardo.
Sarà banale, ma ha senso pensare che una nazione come la nostra dovrà (per non sprofondare) ripensare il suo vivere mettendo alla base di tutto cultura, turismo e spettacolo? Dall’altro della tua esperienza lavorativa e umana (e culturale), come vedi questa eventualità / necessità?
Il ripensamento deve riguardare l’intero pianeta, non solo l’Italia. Bisogna rimettere l’uomo e la natura al centro dell’esistenza, scegliendo modelli di equità e di giustizia validi per tutti.
Salve Steve e benvenuto su Lo Spazio Bianco.
Hai citato graficamente molti personaggi napoletani del mondo della cultura spettacolo e musica. Ti è sembrato singolare, lo hai fatto in precedenza altre volte (su richiesta o di tua spontanea volontà) e ti ha divertito?
La citazione di personaggi famosi nei fumetti è abbastanza comune. Sicuramente è stato particolarmente divertente questa volta prendere spunto dai volti famigliari con i quali si è cresciuti. Personaggi che per forza di cose si sentono più “vicini”, che fanno in qualche modo parte di noi.
Julia stessa è realizzata con le fattezze di Audrey Hepburn. Per un disegnatore quali sono le differenze nell’avere un modello così preciso e famoso da seguire?
Nei fumetti si usa molto spesso un personaggio esistente come punto di riferimento per il protagonista di una serie. Sotto l’aspetto pratico, questo è molto importante perché i vari disegnatori danno una propria interpretazione ispirandosi a un punto riferimento unico, dando così una certa omogeneità grafica alla serie. Nel mio caso è sicuramente fondamentale avere un’attrice come riferimento per poterne studiare fisionomia e movenze da foto e film vari.
Hai realizzato una storia ambientata per le strade della tua città. Quanto pensi che il fatto che sia la tua città ti abbia sollevato da una rappresentazione troppo oleografica di Napoli?
Berardi aveva già un’idea chiara riguardo quest’albo: evitare immagini da cartolina o stereotipi vari. Di conseguenza abbiamo limitato monumenti o piazze famose per cercare di raccontare i vicoli e la vita che vi si svolge.
Che cosa pensi della storia che hai disegnato? Come hai recepito la voglia di Berardi di inviare un messaggio d’amore così forte alla città partenopea?
Giancarlo mi aveva rivelato già da tempo il suo amore per Napoli, i suoi personaggi e la sua cultura. Di sicuro è stato un piacere per me partecipare a questa storia cercando di dare un apporto personale al lavoro di Berardi e Mantero, cercando di volta in volta nella memoria, personaggi, fisionomie o luoghi che potessero funzionare con le esigenze della sceneggiatura.
Ringraziamo entrambi gli autori per la loro disponibilità.
Intervista realizzata a Febbraio 2016.
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.