Maria Grazia Cutuli: dove la terra brucia

Non brilla per rapidità la nostra recensione al volume Maria Grazia Cutuli. Dove la terra brucia di Giuseppe Galeani e Paola Cannatella, edito nell’ottobre del 2011 dalla Rizzoli Lizard. A peggiorare le cose il fatto che non è che lo abbiamo letto appena ora: è sulla scrivania praticamente da otto mesi.

Sono decine, negli ultimi anni, i volumi a fumetti che, tra graphic journalism e racconti di cronaca nera, hanno portato su carta (disegnata) vicende tragiche degli ultimi decenni in Italia. Da anni si tratta di un vero e proprio genere che è stato oggetto di molte critiche dal mio punto di vista mal poste e senza grande senso ma che ha ricevuto, dal mondo abitualmente non rivolto al fumetto, inaspettata attenzione. Tanto da essere oggetto di segnalazioni su riviste di ogni tipo (che magari mai in precedenza avevano trattato fumetti – fumetti, non personaggi dei fumetti) o persino serializzazione sui quotidiani.

Ogni volta che ci siamo trovati a parlare, ecco spiegato il motivo del ritardo, di questi volumi (alcuni eccezionali a prescindere dal fatto che raccontassero storie vere, altri un po’ meno) ci siamo scontrati con un problema di fondo: come evitare che il coinvolgimento con eventi dolorosi o omicidi terribili e prontamente e omertosamente coperti influenzasse la lettura e la percezione del fumetto. E infatti in ogni recensione è stato arduo barcamenarsi fra i sentimenti creati dal ricordo degli avvenimenti spesso molto vicini a noi e il come sia stato organizzato il mare magnum delle informazioni sugli eventi raccontati e trasposto in fumetto.

Il lavoro alla sceneggiatura di Giuseppe Galeani, in tal senso, è stato in linea con quanto realizzato dalla maggior parte degli autori dei volumi che raccontano storie di cronaca nera che abbiamo potuto leggere sinora: grande studio della documentazione (processi, articoli, libri), scelta di un approccio preciso alla narrazione e sovente inserimento all’interno delle tavole di scritti o parole realmente detti dai personaggi (realmente esistiti). È un lavoro molto complicato di sottrazione e traduzione.
Ed è una bella storia da raccontare quella di Maria Grazia Cutuli; una donna del sud che arde dalla voglia di fare giornalismo. Lei, che si sente giornalista più della grande maggioranza dei suoi colleghi, mal sopportando il lavoro di redazione, le veline, gli articoli che somigliano a messaggi degli uffici stampa.

Il racconto parte direttamente dal momento in cui la Cutuli si trova a Peshawar, in Pakistan, non lontana da dove troverà la morte. Vi è una lunga e verbosa parte che ci rende edotti sulle situazioni belliche e economiche delle zone visitate dalla Cutuli.
La linea temporale della narrazione è semplice anche se su due piani paralleli: la storia narrata è quella degli ultimi giorni della vita della Cutuli ma in flashback ci viene vengono raccontati in maniera cronologica parte della vita i vari spostamenti della protagonista, che ce la descrivono sempre insoddisfatta del lavoro in Italia e sempre pronta a partire per i posti caldi del pianeta, e soprattutto a non voler ritornare quando richiamata.
Fino al climax finale dell’ultimo viaggio di lavoro, quello che la porterà ad ingrossare i numeri dei giornalisti morti sul lavoro.

La mole di scritto è spesso decisamente imponente; sono rarissime la pagine o le vignette mute. Il libro ha 122 tavole (anche se di queste alcune sono utilizzate come pagine vuote per dividere i capitoli) e la lettura è spesso impegnativa. Le informazioni sono moltissime e ben articolate ma talvolta danno un ritmo molto lento allo scorrere delle pagine. Non è un difetto capitale; si capisce la necessità di calare il lettore in certi contesti a noi spesso del tutto estranei ma la scelta fatta non premia la scorrevolezza della storia.
I dialoghi invece sono spesso secchi; velocizzano la lettura e bene si sposano con il disegno di Paola Cannatella, molto espressivo nei contesti dialettici.
La tavola a pagina 125 è sicuramente quella in cui tutto il pathos raggiunge il suo culmine; la protagonista, bloccata, sa che sta per andare incontro alla morte. La realizzazione risulta narrativamente e graficamente perfetta, con il primo inserimento di un colore in un volume altrimenti tutto in bianco e nero (e sfumature di grigio).
Si tratta di una tavola che evidenzia le qualità della disegnatrice senza cedere il fianco ai suoi difetti. La Cannatella, infatti, in questo volume ha utilizzato uno stile realistico con sfumature di grigio che risulta eccezionale nella rappresentazione dei volti e delle espressioni ravvicinate dei personaggi. Allo stesso modo la scansione delle vignette è sempre molto particolare e trova vie sempre nuove all’impostazione della singola tavola. Vengono sfruttati a pieno tutti i linguaggi narrativi che la sequenzialità delle vignette permette: tavole con sfondo nero a tutta pagina; ripresa di disegni in pagine successive poste nella stessa posizione, sfondo tavola a righe in stile block notes, disegni divisi in due tavole, riprese claustrofobiche dall’alto delle stanze, sequenza di vignette alte e strette o sequenza di vignette larghe e basse, vignette scontornate, bordi obliqui delle stesse…

In ogni caso, in questa sarabanda di approcci, non si perde di certo il filo grafico del racconto; l’autrice vince, come detto, quando rappresenta in dettaglio gli occhi, le bocche o le mani dei personaggi; strumenti principe di comunicazione.
Perde purtroppo, nella coerenza e proporzione di molte vignette, laddove troppi personaggi sembrano avere qualche incongruenza anatomica oppure non si riesce a vedere negli stessi naturalezza e scioltezza nel movimento, tanto da sembrare ingessati. Errori che vengono in parte coperti dalle sfumature di grigio che vengono utilizzate in modo efficace, per quanto non ci siano in generale particolarmente care.
Per Cannatella, la sfida per i prossimi lavori, sarà quella di superare questi problemi dando maggiore consistenza e omogeneità al suo stile, passando magari attraverso una sintesi maggiormente simbolica ed evocativa.

Ultimo appunto per la parte grafica è relativo alla copertina; sembra, per chi scrive, il risultato di uno studio molto ben fatto e decisamente efficace. Non è un semplice disegno da copertina, ma organizza, graficamente, gli elementi di titolo, autori, logo dell’editore e disegno con rappresentazione della protagonista e, stilizzata, la silouhette di un guerrigliero armato in una gola.

Il giudizio finale dell’albo è positivo nel bilancio fra pregi e difetti. E, purtroppo, chi scrive è enormemente condizionato dal realismo fotografico degli sguardi della Cutuli, magnetica riproposizione di un’anima che voleva solo raccontare mondi lontani e difficili.
Poco può importare al lettore del nostro sito ma visto come e quanto il fatto che si tratti di una storia vera è in grado di influenzare l’emotività di chi scrive forse, da domani, sarà il caso di lasciare le recensioni di volumi come questi ad altri amici e collaboratori.

Abbiamo parlato di:
Maria Grazia Cutuli. Dove la terra brucia
Giuseppe Galeani, Paola Cannatella
Rizzoli Lizard, 2011
144 pagine, cartonato, colore  – 16,oo €
ISBN 9788817053464

 

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