Un patchwork illustrato come molti volumi che leggiamo al giorno d’oggi; questo è in sintesi il giudizio sull’albo, anche se questa definizione non commenta la qualità del lavoro dei due autori.
Tecnicamente potrebbe essere questo il primo numero di una lunga serie di fumetti supereroistici atti a svelare quello che potremmo chiamare il “Rizzoverso”, un universo nel quale anche l’Italia ha le sue schiere di supereroi in attività. Nella realtà il mercato italiano del fumetto “a volumi”, asfittico e limitatissimo nei numeri (solito refrain!), non ci permetterà probabilmente di approfondire questo universo narrativo ma… mai dire mai.
Il sodalizio Rizzo/Bonaccorso giunge qui al suo terzo volume mentre il quarto è appena uscito in libreria per l’editore Becco Giallo (Que viva el Che Guevara), percorso non lineare ma dalla qualità elevata, visto che nei primi tre albi vi è stata una notevole varietà di tematiche, stile di sceneggiatura e grafico. Nel primo (Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia) il tratto grottesco del disegnatore aveva sposato in pieno l’ironia del protagonista e la storia, con soggetto originale, aveva utilizzato lo stesso strumento di Peppino Impastato (qui la nostra recensione) per raccontare e dileggiare la mafia: il volume, debutto per il disegnatore, era risultato molto convincente.
Nel secondo caso Rizzo aveva “ridotto” a fumetti la biografia/inchiesta di Philippe Brunel, Gli ultimi giorni di Marco Pantani; anche la parte grafica aveva seguito il tono greve della storia, lasciando meno spazio all’ironia.
Terzo colpo, e in parte forse più azzeccato, la storia di Primo, di nome e di fatto primo superuomo dell’italica stirpe. Smettendo i panni (ben vestiti) dell’inchiesta giornalistica, i due mettono su un teatrino di personaggi figli della nostra cultura a fumetti, pescando in un enorme mare di storie che hanno fatto (ehm) la storia recente dei supereroi a strisce. Sarà che di vicende che indignano ne abbiamo pieni gli occhi, sarà che molto spesso si tratta di storie che colpiscono così tanto la coscienza da non permettere un lucido apprezzamento del fumetto, fatto sta che la voglia di mettersi in gioco e parlare delle proprie passioni al di fuori dell’impegno civile e professionale del giornalista Marco Rizzo, trova nei disegni di Lelio Bonaccorso una complicità non inaspettata, dando vita così a un bel fumetto di evasione. In questa “evasione” però Rizzo non manca di infilare riferimenti a stragi italiane spesso impunite.
Con differente budget e, ovviamente, bacino di utenza, avrei molto gradito vedere la stessa storia raccontata in una miniserie a colori “all’americana”, approfittando di un Bonaccorso lineare e massiccio come un novello Adam Pollina, qui costretto a usare i neri, gettati a profusione, per dare profondità e movimento alla tavola (anche se un paio di strizzate d’occhio al Miller di Sin City si sarebbero perse con il colore). Graficamente la storia è abbastanza variegata; lo storyboard parte da una base di sei vignette per tre strisce per tavola, ma le variazioni sul tema sono frequenti. Si va dalla splash page “narrativa” per riassumere molti eventi alla tavola “sfondo” con all’interno le altre vignette. Dalle quattro vignette larghe a tutta pagina in colonna alle vignette mute con didascalia a fianco. Insomma, la narrazione è molto movimentata e i disegni non soffrono degli spazi angusti, anzi convincono per la loro anatomia.
La storia, senza entrare nel dettaglio, ci porta dal fascismo ai giorni nostri, seguendo le peripezie di Primo Cossi, tenente dell’Aeronautica, classe 1902, utilizzato come cavia nell’esperimento Vitruvio, messo in atto dal governo fascista per costruire una schiera di supersoldati in grado di difendere la patria. Dietro una copertina di fiera potenza, vediamo l’italico aviere dare prova delle virtù della disciplina, del coraggio, della tenacia, dell’amor di patria, del disprezzo della vita comoda. Cooptato nel 1938 per diventare il supersoldato del Fascio in grado di combattere i nuovi strumenti bellici americani, Primo Cossi doveva essere una delle armi segrete che, è lapalissiano dirlo, sono tali sino a quando non vengono impiegate in combattimento. Si tratta di ordigni nei quali scienza, tecnica, esperienza, addestramento di singoli e di reparti devono procedere di conserva. Il popolo italiano ha creato col suo sangue l’Impero, lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi. Ma il progetto del professor De Carli viene abbandonato perché ben più di una cosa va storta: il Duce cade e l’Italia diventa una Repubblica finalmente democratica.
Nel 1969 un gruppo di uomini bene ammanigliati, il Fronte Italico, risveglia Primo dal dormiveglia artificiale nel quale il progetto Vitruvio lo aveva abbandonato.
All’inizio del volume è lo stesso Primo a narrare le sue origini citando quelle di Wolverine e Capitan America; in seguito egli lega la sua resurrezione al gruppo che gli commissiona operazioni “coperte” di terrorismo, da addebitare all’uno o all’altro gruppo (prima gli anarchici, poi i comunisti…) fino ad un drammatico dietrofront quando lui stesso, non più pedina in uno scacchiere, inizia a muovere i primi passi di sua spontanea volontà. E non sono passi leggeri.
Meta-fumetto-chiusura con lo scoop mancato di un giovane giornalista dei nostri giorni che crede di aver scoperto l’esistenza di Primo Cossi ma che viene dirottato alla cronaca scandalistica tanto in voga oggi. Inutile dirlo, Primo è vivo e vegeto e lavora sempre per un uomo basso, quasi calvo, fedifrago, con una immane pienezza di se stesso e decisamente nocivo alla salute dell’Italia…
Abbiamo parlato di:
Primo
Marco Rizzo, Lelio Bonaccorso
Edizioni BD, 2011
88 pagine, brossurato, bianco e nero – 9,00€
ISBN: 978-88-6123-860-2
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