Il cosiddetto “mito di Sparta” è giunto fino a noi attraverso i racconti, spesso contraddittori e arricchiti da visioni soggettive e per nulla cronachisticamente attendibili, di pochi autori antichi. Ciononostante un popolo così esiguo nei numeri e nell’importanza storica ha da sempre attirato l’attenzione e la fantasia degli studiosi ed anche dei semplici appassionati di storia. Prima di immergerci con Frank Miller nella lettura del suo 300, perciò, proviamo a capire in che epoca e in che luoghi si muovono le fonti del suo fumetto: lo spazio ovviamente non permetterà grande approfondimento, ma ci permetterà comunque di cogliere a grandi linee le caratteristiche essenziali della gente di Sparta e le loro virtù.
L’antica Sparta, nell’immaginario collettivo, è sempre stata considerata come l’esatto opposto di Atene: questa, culla della cultura moderna (arte, letteratura, filosofia, scienza…), Sparta, invece, mondo di disciplina militare e osservanza delle leggi. In effetti Sparta non poteva essere indicata come esempio di democrazia: gli spartani veri e propri, infatti, erano una casta molto ridotta e da soli avevano l’onore e l’onere di governare la città e le terre da essa controllate. Sparta era l’unica città-stato della Grecia ad avere un esercito fisso: parliamo di soldati che essenzialmente erano tali “per professione” e che, cosa unica all’epoca, vivevano lontani dal tetto familiare, in vere e proprie caserme.
Gli Iloti, che formavano la casta che guidava Sparta, erano (letteralmente) costretti a contrarre matrimonio fra di loro per preservare la loro razza da impurità, al fine di dar vita ad una genìa sempre migliore. Sembra leggenda (ma probabilmente non lo è) che gli Spartani sacrificassero i figli storpi o non perfettamente sani abbandonandoli presso la rupe Tarpea appena nati, lasciandoli in balia dei lupi e delle intemperie. Inquadrato nell’antica Grecia, quella di cui si parlava riferendosi ad Atene (culla del pensiero filosofico occidentale e del fiorire delle arti), sembra chiaro che tale comportamento suonava come un passo indietro nella civiltà ed un ritorno all’imbarbarimento.
Anche la diversa origine degli Spartani, che erano dorici invece che ionici, contribuiva ad acuire questa differenza culturale, e la parziale difformità di struttura sociale. Eppure Sparta era superiore a questi problemi: la Legge di Sparta (quella che appunto chiedeva il sacrificio dei figli non sani) era sovrana. Di fronte alla Legge tutti erano uguali, perfino il re. Sparta inoltre lasciava gestire il potere a due re, un caso molto singolare di monarchia, e oltre a questi esisteva anche un consesso di saggi, gli Efori, con il compito di controllare che i regnanti agissero per il bene comune.
Le classi erano semplificate sino all’eccesso: gli Spartiati erano soldati e solo soldati, e non potevano svolgere alcuna attività lavorativa. In questo modo il legislatore Licurgo (che aveva dettato alcune delle leggi più singolari di Sparta) aveva dato agli spartani abbondanza di tempo libero: era infatti proibito esercitare un’arte manuale, e questo non causava problemi poiché Licurgo aveva tolto alla ricchezza ogni significato sociale non rendendo attraente l’accumulare denaro. Erano, gli spartani, e saranno per sempre, i soldati per eccellenza: fin da piccoli erano cresciuti fra mille privazioni e sottoposti ai peggiori sforzi fisici.
I soldati spartani potevano permettersi il lusso, in un mondo nel quale guerra e battaglia spesso significavano letteralmente battaglia corpo a corpo, di avere capelli lunghi e barbe lunghe, lusso che altri soldati non potevano permettersi al fine di non dare appigli alle mani dei nemici negli spazi stretti. Indossavano lunghi mantelli rossi e spesso andavano in giro con indosso solo quelli: per Plutarco questi mantelli erano utilizzati perché gli spartani pensavano fosse un colore molto virile, e anche perché speravano che quella tinta simile al sangue suscitasse paura nei nemici inesperti; inoltre, nel caso in cui uno di loro fosse stato ferito, i nemici non se ne sarebbero accorti facilmente, perché il sangue si sarebbe confuso con il vestito.
La cerimonia di iniziazione dei soldati si teneva nella piazza di Sparta e vedeva i giovani, pronti a diventare uomini e soldati, sferzati dalle fruste fino a cadere a terra sanguinanti davanti alle madri orgogliose. Era prassi fra i giovani (e cosa onorevole) rubare il cibo agli altri ragazzi: era considerato disonorevole solo farsi scoprire durante il furto. Le donne gestivano la casa (visto che i mariti – anche più di uno per ogni donna- erano impegnati ad allenarsi e combattere), le terre e la conduzione degli affari di famiglia. I terreni di Sparta erano stati divisi in epoca non lontana fra le famiglie degli Spartiati, ed erano la risorsa principale (la terra di Sparta è fertilissima) dell’economia.
Subito dopo gli Spartani esisteva la casta degli Iloti. Poco più che schiavi, erano i “lavoranti” delle terre dei nobili Spartiati; non combattevano, ma partecipavano alle battaglie nel ruolo dei moderni attendenti.
Nel tempo le abitudini e le leggi spartane sono state oggetto delle più svariate interpretazioni: a seconda del punto di vista Sparta è stata presa, negli anni e nelle parole di storici e politici, come riferimento e come esempio di principi nazisti, comunisti, democratici, razzisti e femministi. Sparta è stata tutto questo contemporaneamente, coniugando principi di democrazia inimmaginabili per il periodo in cui venivano applicati, a leggi di un razzismo a tratti indecente.
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.