Il progetto web di Paola Barbato: finito Davvero?

Makkox, Zerocalcare, Davide La Rosa, Davvero. Fumetti pubblicati online fruibili collegandosi a internet realizzati gratuitamente dagli autori. In tutti e quattro i casi, i creatori hanno avuto una offerta per proporli “in cartaceo” e i loro progetti si son concretizzati in pubblicazioni in edicola o in libreria. E siamo sicuri di aver dimenticato qualche altro nome  che ha seguito lo stesso percorso, compiuto la stessa parabola.
Nei primi tre casi il fumetto online era lo sfogo (accattivante, più o meno bello, furbo, intelligente o talvolta eccezionale) di un autore singolo che così riusciva a trovare un modo per raccontare le sue storie.
Davvero è stato altro. In un anno sul webfumetto di Paola Barbato si è letto di tutto nei forum, sulle bacheche Facebook di sceneggiatori e disegnatori, nei commenti al sito ed alla pagina Facebook della serie. Molto spesso acredine e pregiudizio hanno causato bruschi strappi fra autori e commentatori ed è semplice, a mente fredda e cercando di essere terzi, capire il punto di vista di entrambi gli schieramenti.
Ma non è di questo che ci interessa parlare.

Raccogliendo quanto detto fin dal principio da Paola Barbato e Matteo Bussola (co-creatore e supervisore del lato artistico della serie) e fino praticamente a ieri nei loro vari interventi disseminati un po’ ovunque, la storia è semplice semplice. L’autrice milanese aveva notato la mancanza nel panorama italiano di un fumetto seriale che raccontasse la vita quotidiana di un’adolescente, magari viziata, magari non propriamente simpatica né sveglia; insomma un romanzo a puntate di formazione, ambientato in Italia, oggi.
La sfida è stata quella di realizzarlo anche senza un editore, nell’unico modo economicamente sopportabile: distribuendolo online, fornendo la propria opera di sceneggiatura e cercando di coinvolgere quanti più volontari non pagati possibile, in modo da rendere il contributo leggero a tutti. L’idea: raccontare un anno di vita di una giovane ragazza di ricca famiglia bresciana alle prese con un inaspettato bagno nella realtà.

E così si è partiti, sull’onda dell’entusiasmo dell’autrice e del compagno Matteo Bussola, che in un anno hanno poi dovuto tener testa ad una quotidianità da “editori”. In sostanza: avendo a che fare con sceneggiature da assegnare, prove da controllare, solleciti (anche oltreoceano) da inviare, insomma, un quantitativo di lavoro e impegni (comprese le varie invenzioni promozionali e le presenze ad alcune fiere) che, per due uscite da sei tavole a settimana, ha costituito un faticosissimo impegno giornaliero. Non retribuito.

Dopodiché è successo l’imponderabile. La carica di entusiasmo della Barbato e del Bussola, sommata a quella di una parte dei collaboratori, ha creato un qualcosa di inedito e stranissimo. Una via di mezzo fra una scuola di fumetto, una comune, un centro sociale, un circolo di dopolavoro ferroviario. L’autrice l’ha definita “progetto-laboratorio-fucina-setta-chiamatelo come volete”. Ai provinati era stato chiesto limpidamente un contributo esiguo e gratuito. Sei tavole in bianco e nero. O la colorazione. Chi si è proposto lo ha fatto per i motivi più disparati (e tacciamo dei professionisti, che l’hanno fatto per amicizia o per reale coinvolgimento nel progetto) ma ai più è sembrato una fatica che valesse la pena affrontare: quello di mettersi alla prova sulle sceneggiature dell’autrice di fumetto più famosa d’Italia. Sceneggiature professionali, dettagliate, piene di riferimenti e di richieste, che hanno portato di peso tanti dilettanti a confrontarsi con la routine e le difficoltà (dove è la finestra? e il divano? che vestito ha il protagonista nella storia precedente?) quotidiane di un disegnatore professionista. Con qualche esito quasi disastroso sovente salvato da un editing pesante in fase di colorazione.
Chiaramente, questi 70 numeri online non resteranno nella storia del fumetto per l’omogeneità qualitativa. Gli alti vi son stati così come i bassi e l’avanzamento della vicenda ha sofferto spesso salti e deficit di spiegazioni e chiarimenti a causa della formula editoriale scelta. Molto più probabilmente il suo vero risultato è l’essere riuscito ad essere progetto pienamente realizzato (anche se la storia non è autoconclusiva e finisce con finale apertissimo e inizialmente non previsto) e piccola fucina di autori.
Autori traviati, sfruttati, utilizzati a fin di lucro da una autrice che voleva realizzare il fumetto che nessun editore le pubblicava (ma che avrebbe potuto scrivere 4 Dylan Dog invece delle 420 tavole gratis con un saldo di tempo e danaro a sua disposizione decisamente migliori): questo è solo un accenno di alcune delle accuse lanciate contro questo progetto. Dire che si è lontani vari anni luce da quel che è accaduto è poco. Soprattutto considerando, constatazione basic che avrebbe dovuto spazzare il campo dal 90% delle critiche/attacchi, che la fruizione del fumetto era gratuita (ovvero l’editore non ci ha guadagnato nulla) e che chi ha prestato l’opera gratuitamente era a conoscenza dei termini economici dell’accordo (piccola nota: considerando quanto sono “sottopagati” attualmente i disegnatori “retribuiti” su cento tavole di un fumetto il numero di tavole praticamente realizzate gratis è ben più di sei…).
A distanza di un anno, quello che potrebbe raccontarvi un giovane nuovo autore di Davvero vi lascerebbe di stucco.
Vi racconterebbe di autori affermati, professionisti scafati che si son messi a completa, enorme, disposizione per aiutare chi ne avesse bisogno e coordinare il lavoro di quasi cento persone.
Vi racconterebbe di suggerimenti che son andati ben oltre l’inquadratura, la prospettiva o la somiglianza del personaggio; della capacità di Paola Barbato e Matteo Bussola di entrare in empatia con decine e decine di nuovi amici, che mai hanno sentito la collaborazione come forzatura.
Vi racconterebbero come il confronto quotidiano e la possibilità di essere “campo scuola” ha permesso a molti di loro di accedere a lidi professionistici di elevato livello e ad alcuni (“alcuni” vuol dire più delle dita di una mano) di avere contratti editoriali nel giro di pochissimo tempo. Bravura, momento giusto, sprone a proporsi e confrontarsi per migliorarsi per alcuni; per altri semplicemente serviva la spinta finale, data da una sceneggiatura da seguire scritta “per te” che rafforzasse autostima e fiducia nei propri mezzi per lanciare l’ultimo e definitivo attacco all’editore…
Vi stupirà, nel prossimo futuro, prescindendo da quelli che realizzeranno un albo di Davvero cartaceo per la Star, scoprire quanti nomi di questi ragazzi troveranno spazio nei tamburini di pagina 2 delle migliori case editrici italiane.
E il primo a pubblicare su di un albo commissionato dopo Davvero, Mario Del Pennino con un albo di Mytico! ((qui il nostro speciale sul settimale del gruppo RCS)), è in edicola dal 20 di luglio, data di pubblicazione dell’ultimo numero di Davvero online. Ma da gennaio 2013 in poi ci sarà da riprendere a contare.

Manca, in questa rapida sintesi, un accenno al futuro di Davvero. Come spiegato più volte la Star Comics ha fatto una proposta a Paola Barbato per una miniserie da proporre in edicola che rinarri/ampli le vicende serializzate nelle puntate online e aggiungere qualcosa delle storie successive alla chiusura del numero 70 (dove è chiaro che i ritmi di un seriale mensile da edicola son diversi da un bisettimanale di sei tavole che deve mantenere l’attenzione viva e stringere l’evento in così poco spazio senza poter entrare in alcun dettaglio).
A novembre, Davvero sbarca in edicola e già si preannunciano le prime strategie di marketing online (ricordiamo che i personaggi principali di Davvero hanno una loro pagina su Facebook dove interagiscono fra di loro e con i lettori) e già è stata resa nota la lista dei disegnatori dei primi sei numeri.

Il discorso potrebbe ovviamente finire qui.
Ma non è tutto qui quello che è stato Davvero.
Per una fatale coincidenza, per uno di quegli incroci di destini che talvolta capitano, Davvero ha creato un gruppo di persone che, grazie alla collaborazione quotidiana, ha instaurato e cementato rapporti di stima lavorativa, interscambio di opinioni, pareri e suggerimenti (lavorativi e non) tali da poterli limpidamente chiamare rapporti di amicizia. Amicizia vera e profonda. E, fatti due conti, essere pagati con quindici nuovi veri amici per sei tavole chinate, forse è anche troppo.
Ecco, messa così, alla fine, questa sembra una elegia o un’apologia. Bene, lo è.

Abbiamo parlato di:
Davvero (o meglio di un po’ di dietro le quinte di…)

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