FF Celebration: Una normale famiglia di supereroi

Non ricordo il nome del ragazzino, ma tutti lo chiamavamo Fiamma.
Era un tipo taciturno ma sveglio, con quella luce negli occhi che si ravvivava ogni volta che incontrava un’altra persona. Non timido, ma neppure espansivo.
È morto gettandosi dal balcone di casa dopo essersi dato fuoco. Diceva di essere come lui, come la Torcia Umana, il membro più in voga dei Fantastici Quattro. Diceva di potersi infiammare e di poter prendere il volo. Non sappiamo se sia morto prima per le ustioni o per l’impatto del salto.

Il celebre quartetto ha sempre rappresentato un problema nell’immaginario dell’opinione pubblica. Ne leggiamo le gesta sui quotidiani, senza comprenderne realmente l’entità. Ci divertiamo con la versione a fumetti di quelle avventure, storie adatte solo ai bambini. Ne osserviamo le foto sfuggenti nei rotocalchi di cronaca rosa. Di nuovo, non comprendiamo a fondo. Siamo come intontiti. Nessuno è in grado spiegare, per esempio, cosa sia questa questione delle dimensioni alternative; e neppure come sia possibile che un essere fatto di sassi come la Cosa possa avere una relazione intima con una persona normale.
Non fraintendete, ma normale è il termine giusto. Perché i membri dei Fantastici quattro sono molto più che essere normali, molto meno che esseri umani.
E un ragazzino ha deciso di emulare Johnny Storm, e morirci.

La realtà si ripiega agli occhi di una famiglia che ci è impossibile comprendere, al netto del sensazionalismo.

Un amico ha provato a spiegarmi la faccenda dei supereroi e dei superpoteri. Le nuove divinità, il rapporto con l’assoluto, ma il mio immaginario è troppo ristretto. Questo lo capisco.
La realtà è fatta a strati sovrapposti di comprensione, di relazioni, di coscienza, di corpi, di avvenimenti, di credenze. Ognuno di noi si colloca a uno specifico strato, in funzione del suo ruolo nel mondo, della sua storia personale, della sua fortuna. Ma dove si collocano i Fantastici Quattro?

Sfoglio i fumetti che piacciono tanto a mio figlio, osservo il gioco muscolare dei disegni, delle battute, degli scenari. Accetto il meccanismo liberatorio, l’eccitazione che la fantasia libera di muoversi può generare in un bambino. Osservo la quadricromia imbruttita dalla carta porosa. L’inchiostro che si dilata a grosse grasse righe sui fogli, che macchia le mani. Ho nostalgia per le mie cose. La realtà perde di senso.

C’è qualcosa di nuovo qui, qualcosa che si muove sottopelle.
Questi eroi, queste nuove divinità, non sono felici.
Forse avvertono loro stessi la disarmonia, le potenzialità distruttive. Forse hanno compreso cosa sia stato realmente Galactus. Reed Richards sa cosa si nasconde nel vuoto delle coscienze lasciato dalla venuta di Galactus? La modernità è anche questo: perdita di controllo, anomìa, senso di impotenza. Pensavamo che il pericolo sarebbe giunto dalla nostra realtà, e invece arriva dall’Immaginario, dalla destrutturazione della fibra dell’universo. E dalla perversione delle idee che fino a ieri avevano un senso.

Ma questi supereroi… sono una famiglia. Nell’amicizia, nei legami, negli affetti, nella crescita dei loro figli, come si comportano? Quali valori trasmettono alle nuove generazioni?
Si dice che nella rappresentazione dell’Immaginario le divinità siano l’esemplificazione delle forze della natura, dei vizi e delle aspirazioni dell’uomo, degli stessi conflitti, degli stessi ideali su un diverso piano, il piano universale. Cosa ne penserà Reed Richards? Mi piacerebbe parlargli, ma temo che non riuscirei ad ascoltarlo.
Come riesce a mantenere la coerenza del suo corpo, un uomo che si può allungare a dismisura?

Quando Fiamma si è ucciso, i Fantastici Quattro sono andati a trovare la famiglia, in privato. Ma la copertura mediatica non è mancata. Anzi. Di quale propaganda sono figli questi esseri? A quali forze si sottomettono? O sono liberi? Autentici? E noi?

Forse Fiamma ha fatto l’unica cosa sensata, date le circostanze. Ha fatto il salto. Ha volato, non nella finzione, ma nella realtà. Meglio che morire risucchiato da una trivella dell’Uomo Talpa. Mettiamola così. Molto, molto meglio.

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