Un uomo solo ma non l’ultimo: Mohican di Paolo Morales e Roberto Diso

MohicanArchetipi avventurosi

Da quando è nato nell’uomo il desiderio e il piacere del racconto, cioè da sempre, il libro d’avventura è un’attrazione naturale per chi legge, sotto qualsiasi latitudine, in qualunque lingua”. Così scrive Stanislao Nievo nell’introduzione del romanzo di James Fenimore Cooper L’ultimo dei Mohicani, pubblicato nella collana Biblioteca Economica Newton (1994). Il libro di Cooper è di certo il migliore esempio di romanzo avventuroso – un vero e proprio archetipo – sull’epopea della Frontiera, quel susseguirsi di avvenimenti, compresi circa tra il 1600 e la fine del 1800, da cui si sono formati gli Stati Uniti d’America. Come hanno scritto diversi osservatori, Cooper ha voluto scrivere una sorta versione Americana dell’Odissea o dell’Orlando Furioso ((Nell’articolo introduttivo del racconto Mohican, Gianmaria Contro compie un’attenta analisi del romanzo di Cooper e degli avvenimenti storici che hanno fatto da sfondo alla vicenda.)). Questo spiega come L’ultimo dei Mohicani sia stato preso a modello – a livello ideale (la cosiddetta “epica americana”, secondo la definizione di Gianmaria Contro) e come spunto narrativo diretto o indiretto ((Nello stesso volume citato alla nota 1, Maurizio Colombo (in un box alle pp. 10-11) fa una disamina delle pellicole tratte – più o meno direttamente – da L’ultimo dei Mohicani.)) – dai registi di Hollywood, capaci di trasformare l’epopea del western nella più gloriosa chanson de geste dell’epoca moderna. Grazie alla creatività di registi, sceneggiatori e attori, soprattutto nel mondo Occidentale, molte generazioni hanno fatto proprie le drammatiche vicende della Frontiera, costellate da momenti ingloriosi e da altri di travolgente coraggio. Ed è stato naturale che, anche qui in Italia, autori cinematografici o fumettistici trasformassero quelle suggestioni in altre opere, alcune diventate delle icone come gli spaghetti-western di Sergio Leone o come quel fenomeno generazionale rappresentato dal Tex Willer di Gianluigi Bonelli.

Cenni biografici

Lo stesso Paolo Morales ha di certo attinto a quel pozzo dei miti, riempito in buona parte dalla letteratura avventurosa e dal cinema western, che ha nutrito la fantasia di migliaia di persone. La biografia di Morales racconta di un autore eclettico, capace di sconfinare dal disegno al cinema (realizza diversi storyboard per noti registi italiani e stranieri), dalle serie televisive animate (come sceneggiatore per la RAI) alla Sergio Bonelli Editore. Per la Casa editrice di Via Buonarroti disegna diversi episodi di Martin Mystère e in seguito si propone come soggettista e la sua penna partorisce alcune della più vivaci avventure del personaggio ideato da Alfredo Castelli. Il Martin Mystère di Morales è un personaggio consapevole e dotato di una personalità prorompente e allo stesso tempo fedele al modello originale. Un’alchimia difficile da centrare se non si hanno idee chiare e coraggio di intenti.


L’uomo dei Mohicani

L’autore è uno dei migliori sceneggiatori italiani e la sua proposta per la collana Romanzi a fumetti Bonelli, giunta al quarto volume, non passa inosservata. L’avventura si svolge vent’anni dopo gli avvenimenti narrati ne L’ultimo dei Mohicani: siamo nel 1778 e lo scontro tra Inglesi e Francesi insanguina le regioni del Nordest dei futuri Stati Uniti. Tra gli ufficiali della Milizia continentale c’è il generale Washington ((Per un rapido approfondimento sulla vita del generale Washington e sulla guerra Franco-Inglese è consigliabile il link it.wikipedia.org/wiki/George_Washington.)).

Morales aveva già collaborato a una riduzione animata (per la RAI) de L’ultimo dei Mohicani e il soggetto deve aver talmente affascinato l’autore da indurlo a proporre, in versione adulta, un seguito del romanzo. Queste sono sfide rischiose e di difficile realizzazione. Non è impossibile costruire una trama avvincente, è difficilissimo invece far muovere personaggi impressi nell’immaginario collettivo come quelli ideati da Fenimore Cooper. Morales ha evitato il rischio perché ha dato al suo Natty Bumppo lo stesso incantato realismo del personaggio originario. Ma questo disincanto si trasforma e si evolve verso qualcosa di inaspettato e allo stesso tempo del tutto coerente. Il Bumppo di Morales non è una roccia immutabile, ma un personaggio in continua evoluzione, capace di ammorbidire alcune spigolosità del suo carattere. E la sequenza centrale di pagina 225, resa da due intensissimi primi piani di realizzati da Roberto Diso, è l’ideale manifesto di questa metamorfosi resa possibile dalla più potente delle magie: l’amore.

L’esperienza di Dio

Quasi tutti i personaggi della vicenda, del resto, non resteranno indifferenti alle esperienze vissute. Soprattuto quando queste esperienze si rivelano tremende al punto da intaccare le più profonde convinzioni. Neale Donald Walsch nel suo dialogo con Dio scrive: “Ben poche delle valutazioni comprese nella tua verità sono valutazioni fatte da te stesso basandoti sulle tue esperienze. […] Non avete aspettato di fare esperienza in prima persona, avete accettato l’esperienza di altri alla lettera, e poi quando vi siete imbattuti nella vera e propria esperienza per la prima volta, avete sovrapposto quello che già pensavate di sapere alla percezione di quello che è” ((Il testo riportato è tratto dal libro, esploso come caso editoriale, Conversazioni con Dio di Neale Donald Walsch in cui l’autore affronta i temi fondamentali dell’esistenza. La citazione è tratta dall’edizione economica di Sperling & Kupfer, 2009, p. 72.)). Queste parole centrano alla perfezione le caratteristiche di alcuni dei protagonisti del racconto. In primo luogo il Pastore Peter Miller, un uomo pieno di sé e dei suoi precetti a tal punto da rifiutare ogni esperienza. Ma allo stesso tempo, la fede dottrinale del Pastore è talmente forte da affrontare un pericoloso viaggio per invocare la grazia all’uomo a cui aveva portato via la moglie, illuminata dalla chiamata di Dio. Miller sembra proteggere la sua fragilità interiore predicando una visione di Dio giudicante, e di fatto ipocrita, come l’ultimo degli uomini. Quelli come Miller hanno ingannato se stessi e migliaia di loro adepti. Morales, però, non vuole dare una lettura solo negativa del personaggio: nel finale, grazie alla figliastra Greta, il Pastore ha modo di scorgere un altro modo di amare Dio.

L’erotismo divino

E la figura di Greta, invece, è quella a cui forse Morales sembra più legato. Ed è da sottolineare il suo cambiamento, a partire da quello esteriore, chiara lettura della metamorfosi interiore. La scorgiamo all’inizio, secondo le regole dei Mennoniti, con un abbigliamento castigato, per poi ritrovarsi con i capelli sciolti al vento, simbolo di una sensualità a stento trattenuta. È vero, Greta usa le sue armi di seduzione per uscire da una situazione disperata, ma il suo percorso accanto a Bumppo porta alla luce la naturale passione erotica di ogni essere umano. La giovane, per chiudere, dà ascolto alla propria esperienza e si lascia alle spalle le imposizione di Maestri che sembrano ignorare l’autentica felicità del Creato. E per uscire dal suo torpore, Greta ha bisogno di gridare contro Miller tutta la sua indignazione repressa: “Miserabile ipocrita! Mia madre è morta per voi e io vi ho salvato la vita! Ma siete troppo chiuso nell’angusto recinto della vostra presunzione per provare riconoscenza. Per certi versi, siete peggiore dei lupi che ci hanno torturato!”. La ragazza ha inoltre il pregio di non cullarsi nei suoi sentimenti di ostilità – come purtroppo fanno molte persone, incapaci di evolversi – e di percorrere fino in fondo la strada del rinnovamento. Da quelle drammatiche vicissitudini nascerà una Greta sconosciuta forse anche a se stessa.

L’odio è pregiudizio!

Il pregiudizio, tra i popoli o le fazioni, porta le persone a ingigantire il proprio eventuale odio. Come è riportato sui dizionari (cfr. Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana), il pregiudizio è “un’opinione errata che dipende da scarsa conoscenza dei fatti o da accettazione non critica di convinzioni correnti”. Morales in questo suo affresco si sofferma a osservare la realtà dell’epoca con uno sguardo neutro; o meglio, lo sceneggiatore tenta – riuscendoci – di non incolpare di violenza uno schieramento invece di un altro. Ma, attraverso lo sguardo critico e attento di Nathaniel Bumppo, si limita a considerare le tante sfaccettature della violenza. C’è quella dettata da chi non vorrebbe perdere dei territori colmi di ricchezza. C’è chi, come i Mohawk, usa la violenza come dimostrazione di forza: “Hanno paura di farsi vedere deboli, per questo sono così crudeli” dice Chingachgook. C’è chi, pur celandosi dietro idee libertarie, non è privo di zone d’ombra: come il miliziano americano protetto dagli amici di Bumppo. Ed è proprio quest’ultimo a smascherare il miliziano, macchiatosi, insieme ad altri, di un’orrenda strage. Ed è questa la sintesi magistrale del racconto: ricordarci che dietro ogni azione ci sono uomini sempre pronti a farsi trasportare dal demone della violenza, qualsiasi sia la barricata di appartenenza. È una lezione spesso dimenticata: basti guardare le polemiche sulla recente Storia italiana della Resistenza o delle Foibe.

 

Diso delle foreste

Ad accompagnare Morales in questo viaggio avventuroso, troviamo un Diso in splendida forma. Già a uno sguardo rapido delle tavole si avverte la felicità dell’impostazione e si nota come non solo i paesaggi e gli animali siano raffigurati con la consueta sapienza ed eleganza, ma anche i personaggi siano dotati di una vitalità autentica. Non del tutto riscontrata sulle pagine di Tex, come ha dichiarato l’autore stesso ((Cfr. Roberto Diso, in Lezioni di Fumetto n. 5, a cura di Guglielmo Nigro, Coniglio Editore, Roma ottobre 2008.)).

È da apprezzare in particolare la figura di Bumppo, che rifugge dal facile e suggestivo modello interpretato da Daniel Day-Lewis nel film diretto da Michael Mann (1992). Alcune pose ricordano la figura dell’attore sopracitato, ma nel complesso il disegnatore si è posto su una linea personale.

Inoltre, com’è capitato spesso in Mister No, Diso ci delizia con le sue splendide figure femminili, posando uno sguardo alle sinuose forme di fanciulle desiderose di passione. Le donne di Diso sono generose, nelle forme e nei sentimenti: non importa se positivi o negativi.

 

 

Abbiamo parlato di:
Mohican
Paolo Morales e Roberto Diso
Sergio Bonelli Editore, giugno 2010
272 pagine, brossurato, bianco & nero, 9,00 €
ISBN: 977197112700300004

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