Martedì 8 Agosto 1961: negli Stati Uniti viene messo in vendita il numero uno della rivista The Fantastic Four. Un giorno come un altro.
Forse. In realtà il fumetto supereroistico riprende (dopo essere nato negli anni ’30) slancio in maniera vigorosa grazie alle idee ed ai disegni di un gruppo di autori al lavoro per la Marvel Comics. Da quel giorno il fumetto supereroistico (o il fumetto tout court, se volete) non è stato più lo stesso.
In vendita nel mese di agosto in realtà (come per anni tutti i fumetti Marvel) l’albo riportava in copertina la data “NOV 1961”; ovviamente non mancheremo, in occasione del compleanno nominale a novembre, di festeggiare i cinquanta anni dei Fantastic Four e di quel che hanno rappresentato nell’immaginario di chi oggi legge e realizza fumetti. Non solo supereroistici… Con un po’ di attenzione non sarà difficile già rintracciare qualche anticipazione sul cosa bolle in pentola…
Oggi, invece, in omaggio a Jack “The King” Kirby e Stan Lee e a quel fatidico giorno di agosto del 1961, riproponiamo di seguito la scheda dedicata al quartetto fumettistico più famoso del mondo realizzata da Luca Raffaelli e pubblicata nel volume Tratti & ritratti edito da Minimum Fax (da noi recensito qui).
Scheda: I Fantastici Quattro
Creato e scritto da: Stan Lee
Creato e disegnato da: Jack Kirby
Anno di esordio: 1961
Nazionalità: Statunitense
Ambientazione: New York
Attività: Squadra di supereroi
Quando si pensa ai comic book, cioè gli albi colorati che hanno reso popolare il fumetto negli Stati Uniti dopo il grande successo sui quotidiani, si pensa d’istinto ai supereroi. Un equivoco italiano, questo. E comprensibile. Perché sono stati soprattutto i supererei a essere pubblicati da noi in quel particolare formato. Eppure fumetti horror, polizieschi, romantici, fantascientifici, western, umoristici, di guerra, tarzaniani, educativi, televisivi: ogni genere è stato esplorato dal comic book, e di ogni genere tutte le possibili varianti. Per esempio: se Tarzan aveva successo, a qualcuno sarebbe prima o poi venuto in mente di fare una copia di Tarzan (ovvero Jungle Comics) o una donna Tarzan (che si sarebbe chiamata Sheena), oppure un Tarzan giovanissimo (Korak, The Son of Tarzan) o una giovanissima della stessa specie (Nyoka, The Young Girl). Tanto per sintetizzare.
Editori e scrittori andavano dove li portava il mercato.
«Se funzionavano i cowboy, cominciavamo a realizzare western. Se vendevano poliziotti e ladri, quello ci dovevamo inventare», ha dichiarato Stan Lee. «Se invece il trend indicava le storie d’amore, la Timely si impegnava in quel genere. Noi semplicemente davamo al pubblico quel che il pubblico voleva, o quello che noi pensavamo volesse».
Timely è stato, insieme ad Atlas, uno dei nomi della Marvel prima di diventare tale. E non a caso diventò Marvel subito dopo i Fantastici Quattro. Proprio quando Stan Lee cominciò ad essere citato e si trasformò per sempre nel creatore dei nuovi supereroi. Prima aveva scritto le storie di Capitan America, della Torcia Umana e di Sub-Mariner, aveva inventato personaggi umoristici come Ziggy Pig e Silly Seal, ed era diventato editor della Marvel nel 1942. Ma alla fine degli anni Quaranta, a guerra ormai conclusa, scoppiò la crisi dei supereroi: The Human Torch diventò Love Tales nel 1949, e Sub-Mariner si trasformò in Best Love. Si puntò anche sul western, il poliziesco e l’horror, la guerra e la fantascienza.
Agli inizi degli anni Sessanta, però, sembrava davvero che non ci fosse più niente da fare. La crisi era nera. Alla Marvel qualcuno aveva portato via pure la mobilia. Ultima speranza: il successo della DC con i comic book dedicati alla Justice League of America, un gruppo supereroistico formato da Batman, Superman e Wonder Woman insieme a Flash e Green Lantern appena rivisti e corretti.
Si fa presto a dire: copia l’idea. Mica si può. Il genere si può riprendere, quello non è sottoposto a copyright, ma la concezione dei personaggi deve essere diversa. Deve poter essere difesa anche contro i più bravi avvocati di New York.
«Nella creazione dei Fantastici Quattro il colpo di genio di Lee e Kirby è stato quello di «comporre le funzioni» del supereroe attribuendole separatamente a quattro personaggi diversi», ha scritto Antonio Caronia.
I Fantastici Quattro sono persone normali. Che, appunto, vivono a New York. Che a New York pagano l’affitto. Americani come tanti che nella prima puntata decidono di andare sulla Luna (poi si dirà che, invece, si tratta di Marte) per arrivare prima dei rossi (o dei russi, a seconda delle traduzioni italiane).
«Ma non ne sappiamo ancora abbastanza dei raggi cosmici! Potrebbero ucciderci tutti!», avverte Susan. E invece i raggi cosmici non uccidono. Trasformano tre di loro in supereroi che possono entrare e uscire dai propri superpoteri. Come i gatti con le loro unghie retrattili. Il dottor Reed Richards, che ha costruito e guidato il razzo spaziale, è capace di allungarsi e allargarsi a dismisura. Lui stesso si è ribattezzato Mr. Fantastic; Gommolo, lo chiama qualcuno del gruppo. Susan, detta Sue, diventa la Ragazza Invisibile, e non è necessario chiarire il perché. Johnny si trasforma nella Torcia Umana, più leggero dell’aria. Rovente. Inestinguibile. Il supereroe che non ha alcuna libertà di gestione dei suoi poteri è Ben Grimm, ingabbiato in un corpo mostruoso che sembra fatto di pezzi di roccia o ricoperto di scaglie come tanti scudi invincibili. La sua condanna è la diversità eterna: si vede che soffre, e spesso lo confessa apertamente.
Nella loro prima storia, Stan Lee non concede troppo spazio al trauma del cambiamento: era già tutto scritto e dopo il flashback esplicativo bisogna subito ritornare all’azione. «Siamo cambiati! Tutti noi! Non siamo più semplici esseri umani!», pensano travolti dallo stesso destino. E in poche parole, in un paio di vignette, decidono che i loro poteri saranno usati per il bene dell’umanità. Giusto proponimento, ottimo progetto.
Se non fosse che i supererei non riescono a essere efficaci come i vaccini (che pure inducono i virus a mutare per poterli battere). Loro, i cattivissimi, diabolici nemici sembrano chiamarli a gran voce. È l’invenzione che crea la necessità, ha detto qualcuno. Prima dei Fantastici Quattro non esistevano né l’Uomo Talpa, né il Dottor Destino, né Diablo. Nascono per dare un senso all’esistenza dei protagonisti e incarnano i pericoli di cui ci parlano i mezzi d’informazione. E quelli di cui non ci parlano. Sono la mitizzazione delle ansie del mondo. Non a caso i cattivi minacciano di alterare l’essenza stessa della realtà, le sicurezze dell’uomo civile e occidentale. I pericoli sono le guerre, le malattie, le armi, la scienza malvagia, il terrorismo, le follie umane che si nascondono sottoterra, sopra le nuvole, oltre la ragione. I lettori, come i cittadini di New York, a quel punto non possono che seguire con passione la necessità dell’esistenza di questi eroi. Sempre che quattro bastino.
Le avventure dei Fantastici continuano a svolgersi, come la prima, tra ciclo e terra. In terra, cioè ancora a New York, dove i cittadini ritratti nei fumetti li vedono sfrecciare, allungarsi, lottare, scomparire tra i vicoli e i palazzi della Grande Mela. E in ciclo, o in altrove immaginari: luoghi dove il Male può ancora sperare, stupidamente, di avere la meglio; o, più razionalmente, di impegnare sempre, fino allo stremo. Fino all’ultima vignetta, dalla quale sarà ancora possibile riportare tutto alla nostra normalità. Poi, niente paura: ci sarà una nuova paura, un nuovo disordine. Tra corpo e anima. Tra cielo e terra.
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